Published On: 19 Luglio 2023
don Renzo Soncin

28/12/1929 | 19/07/2023

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Biografia

Don Renzo Soncin nasce a Padova il 28 dicembre 1929 da papà Adolfo e mamma Maria Mariotto. A 11 anni entra per la prima volta in aspirantato nella casa salesiana di Rovereto dove frequenta dal ‘41 al ‘44 la scuola Media. Dal ‘45 al ‘46 frequenta in convitto a Belluno il corso ginnasiale nella scuola pubblica.
Al termine della V ginnasiale a 16 anni fa domanda di entrare in noviziato col desiderio – scrive lui – di “voler diventare salesiano e poter consacrarsi al bene di tante anime”. A quell’età risulta – per il giudizio di chi ne curava la formazione – di carattere docile, serio, posato e prudente, tra i compagni è esemplare per spirito di pietà e ha buone doti intellettuali e amante dello studio. Vive il suo anno di noviziato nell’Istituto Manfredini di Este “con il fermo proposito di consacrarmi per tutta la vita in questa Congregazione come religioso sacerdote”; i suoi superiori notano un misto di buona volontà e di ingenuità oltre all’intelligenza, al serio impegno e a una buona pietà. Emette la sua prima professione religiosa nel 1947, trascorre gli anni del liceo a Nave dal ‘47 al ‘49. Viene inviato in tirocinio prima a Castello di Godego (‘49-‘50) e poi a Belluno (‘51-‘54), ma proprio in questo periodo inizia la sua “via crucis” per la sua salute a causa di un grave esaurimento neuro-psichico che durerà per anni e, nonostante le molte cure e il riposo, nessuna attività mentale anche leggera gli sarà possibile. Nel 1953 fa domanda di ammissione alla professione perpetua, dove su questo scrive: “essendo mia ferma intenzione di servire il Signore nella Congregazione. Egli ha voluto unire a questa prova quella della malferma salute. Pertanto mi rimetto alla Sua Volontà, che mi sarà espressa in quella dei Superiori quanto alla via da seguire nella Congregazione stessa, qualora il suddetto motivo fosse ostacolo per il raggiungimento del Sacerdozio”. Il 13 agosto 1953 fa la professione perpetua e diventa salesiano per sempre. Nel 1955 inizia la teologia a Foglizzo, nello stesso anno viene trasferito nell’Ispettoria Meridionale perché, mentre i suoi compagni entravano in Teologia, restare ancora nel Veneto gli riusciva duro, insopportabile, dopo tante vicende di prova tra il Noviziato, lo studentato filosofico, e il tirocinio. Fu inviato quindi a Soverato dove lavorò e fece bene sotto ogni aspetto, e appare come un giovane che riflette, pondera tutto, è buono, pio fedele e sufficientemente capace. Nel 1957 viene mandato a Messina per lo studio della Teologia, in questi anni i giudizi sono positivi e i voti degli esami lusinghieri. Nel 1960, a causa della riemersione di alcune difficoltà di salute, viene trasferito nell’Ispettoria Ligure-Toscana nella casa di Livorno come prova di vita pratica, risultata positiva, al termine della quale viene ammesso al diaconato. Rimanendo nella stessa casa di Livorno fa domanda di ammissione al presbiterato “affidandosi alla misericordia e all’aiuto di Dio” e viene ordinato sacerdote l’11 giugno del 1961. Dopo l’ordinazione sarà impegnato prevalentemente nell’insegnamento. Dal ‘61 al ‘63 è a Livorno, dal ‘63 al ‘64 a Genova Sampierdarena, dal ‘64 al ‘67 a Pisa. Dal 1967 al ‘68 vive a Roma Sacro Cuore e studia presso il pontificio Ateneo Antonianum dove consegue a pieni voti la licenza in Teologia. Poi ancora ad Alassio dal ‘68 al ‘70, a Varazze dal ‘70 al ‘75, in questi anni studia presso l’università di Genova e nel 1974 si laurea in Filosofia. Dal 1975 al ‘78 è a La Spezia Canaletto. Dal 1982 al 1985 si trasferisce nell’Ispettoria Adriatica come insegnante a Perugia. Dal 1985 al ‘90 è a Genova Quarto. Dal 1990 al 2002 nella parrocchia Sacra Famiglia di Firenze. Dal 2002 al 2019 è ad Alassio e dal 2019, fino al giorno della sua morte nella comunità di Roma Zatti.

Omelia

Il brano odierno del Vangelo fa parte del discorso missionario, con cui il Maestro prepara gli Apostoli alla prima esperienza di annuncio del Regno di Dio. Gesù li esorta con insistenza a “non avere paura”. Sappiamo che la paura è uno dei nemici più brutti della nostra vita cristiana. Gesù esorta: “Non abbiate paura”. Commentando questa pagina del Vangelo qualche anno fa Papa Francesco diceva che Gesù descrive tre situazioni concrete che essi i discepoli si troveranno ad affrontare. Sono come tre tentazioni: edulcorare il Vangelo; la persecuzione; la sensazione che Dio ci abbia lasciati da soli. Circa le prime due situazioni don Renzo era un campione. Come ricorda anche don Valerio Baresi ricordando gli anni in cui erano assieme a Firenze, don Renzo parlava spesso di come fosse importante non scendere a compromessi col Vangelo, disponibili alla persecuzione, era un vero “combattente della fede”. Quando don Renzo era a Firenze, io ero un giovane dell’oratorio e a volte mi capitava di confessarmi da lui. Sicuramente non aveva quell’aspetto gioioso che ci saremmo aspettati da un salesiano, perché era sempre molto austero; quando però si lasciava andare a un sorriso era molto bello. Certo aveva un amore incredibile per l’Eucarestia e per la Madonna; per un certo periodo partecipando alla Messa feriale mi capitava di trovare lui a celebrare e nelle omelie c’era sempre un riferimento alla Madonna o una apparizione o un fatto miracoloso a lei attribuito. Anche don Giorgio Zazza – direttore di don Renzo a Alassio – ricorda come il suo parlare “con” Maria, magari in alcuni aspetti un po’ eccessivo, fosse segno di un affetto filiale e di sincera devozione. Circa la terza situazione del sentirsi abbandonati, anche Gesù ha sofferto questa prova nell’orto degli ulivi e sulla croce fino a dire: “Padre, perché mi hai abbandonato?”. Tutti, alle volte, sentiamo questa aridità spirituale, non ne dobbiamo avere paura. Il Padre si prende cura di noi, perché grande è il nostro valore ai suoi occhi. Ciò che importa è la franchezza, è il coraggio della testimonianza di fede: “riconoscere Gesù davanti agli uomini” e andare avanti facendo del bene. Penso che anche il nostro caro don Renzo, con tutte le vicissitudini di salute che lo hanno sempre accompagnato, abbia più volte sperimentato questa fatica. La vita di don Renzo è stata lunga, ma non è stata semplice. Ha dovuto combattere con un male oscuro, mentre ha sempre cercato di fare un po’ di bene. Questa sua condizione lo ha gli ha causato sovente tante fatiche, sia a livello apostolico che comunitario. Ha accettato con grande fatica il suo trasferimento nella comunità A. Zatti, sebbene le sue condizioni di salute non lasciassero alternativa. Tuttavia, dopo un primo periodo difficile si è piano piano rasserenato come ha ricordato anche don Gigi Barraccu suo direttore. Cercava qualche attenzione ed era molto cordiale e remissivo, lasciandosi andare a volte a grandi sorrisi. La sofferenza di don Renzo adesso non solo è finita, ma anche ricapitolata e reinserita in un senso più grande; nel Paradiso salesiano il caro don Renzo può finalmente gustare le gioie del Regno. Gesù e Maria, tanto amati in vita, sono ora oggetto della sua contemplazione.