Published On: 20 Febbraio 2024
don Nazzareno Centioni

Morrovalle (MC), 25/10/1932 | + Roma, 20/02/2024

Annuncio

La comunità salesiana di Roma – Artemide Zatti e la Circoscrizione Salesiana “Sacro Cuore” – Italia Centrale annunciano che

È ENTRATO NELLA VITA PIENA

NAZZARENO CENTIONI salesiano presbitero

75 anni di professione religiosa 64 di ordinazione presbiterale morto il 20 febbraio 2024 a 91 anni d’età

I FUNERALI saranno celebrati giovedì 22 febbraio alle ore 10,30 nella Cappella Zatti

Sarà presto comunicata la data della Messa di suffragio presso la Sacra Famiglia in Ancona

I resti mortali attenderanno la resurrezione nel cimitero di Morrovalle (MC)

Biografia

Nazzareno nasce a Morrovalle provincia di Macerata il 25 ottobre 1932 da papà Agostino, mugnaio e da mamma Carola Foresi, casalinga. Due fratelli, Pierino e Ferdinando, e una sorella Maria. Il vicario abbaziale di San Claudio al Chienti (la sua parrocchia) nel 1943 scrive di lui come di “un giovane di ottima condotta religiosa e morale distintosi tra i giovanetti nell'Azione Cattolica che mostra evidenti segni di inclinazione allo stato religioso”; Nazzareno entra nell’aspirantato ad Amelia con il pieno consenso dei genitori, nel 1946; al termine di questo periodo il 24 maggio 1948 chiede di essere ammesso al noviziato. Il noviziato lo vive a Roma a San Callisto dal 15 agosto 1948 e emette la prima professione il 16 agosto 1949; poi il postnoviziato sempre a Roma San Callisto dal 1949 al 1952; consegue poi la maturità classica; il tirocinio due anni a Faenza dal 1952 al ‘54 e uno a Gualdo dal ‘54 al ’55; poi la teologia a Torino Crocetta dal 1955 al ’60; lì ebbe come Rettore don Eugenio Valentini, direttore don Pietro Brocardo e come professore il servo di Dio don Giuseppe Quadrio (di cui Nazzareno è sempre stato orgoglioso di essere allievo). La professione perpetua la emette a Gualdo Tadino l'8 agosto 1955 e il presbiterato a Torino l'11 febbraio 1960; sempre nel 1960 consegue la licenza in teologia.

La prima obbedienza lo vede a Faenza dal 1960 al ‘64 come assistente e catechista al liceo e anche consigliere; poi è a Fossombrone dal 1964 fino al ’69 come assistente e confessore degli aspiranti nonché insegnante di latino e greco in quarta e quinta ginnasio; poi un anno a Macerata dal 1969 al ’70; poi parroco a Ravenna dal 1970 all'83 (gli ultimi 4 anni anche direttore); poi parroco a Terni dal 1983 al ’93; poi diventa vicario dell'ispettore dal 1993 fino al 2008. Quindi 5 trienni nell'alternanza al servizio degli ispettori don Arnaldo Scaglioni e don Giovanni Molinari; in precedenza era già stato consigliere ispettoriale dal 1978 all'81. Dal 1997 è anche direttore della comunità di Ancona fino al 2001 e delegato ispettoriale dei salesiani cooperatori e anche degli ex allievi e della famiglia salesiana dal 2001 al 2008, nonché delegato ispettoriale per la formazione; è stato anche Vicario episcopale per la vita consacrata ad Ancona nominato dall’arcivescovo mons. Festorazzi; c’è anche una piccola parentesi di 3 mesi in sostituzione del direttore di Ortona nell’estate del 2002; al termine del mandato di Vicario, nel 2008, va come direttore a Loreto per un anno e poi torna ad Ancona dal 2009 fino al 2023, quando le sue situazioni di salute chiedono il trasferimento in questa comunità di S. Artemide Zatti.

Il maestro dei novizi nel 1948 scrive di lui di «ritenere che rafforzata la sua costituzione fisica potrà riuscire un buon elemento». In effetti la salute di don Nazzareno è sempre stata un po’ precaria, tanto è vero che fu esonerato dal servizio militare per motivi di salute. Nel giudizio di ammissione alla prima professione si dice chiaramente che «va causa della debolezza della sua costituzione si rimane perplessi sulla sua possibilità di affrontare la vita dello studentato»; i fatti poi daranno ragione a lui, ma questa croce della salute malferma lo ha accompagnato tutta la sua vita, dando però l’occasione a numerosi benefattori di farsi in quattro per assisterlo nelle sue necessità.

Nella domanda per il primo rinnovo nel 1952 Nazzareno scrive che ha «ferma volontà di passare tutta la vita insieme a don Bosco». In generale i giudizi di chi ne ha curato la formazione sottolineano sempre il suo spirito religioso buono, lo zelo apostolico, la bontà e la generosità d'animo.

Omelia

di don Stefano Aspettati

Illuminati dalla Parola di Dio della festa della Cattedra di san Pietro tratteggiamo con grande senso gratitudine qualche pennellata della lunga vita di don Nazzareno. Ringrazio per questo anche i confratelli che benevolmente mi hanno lasciato qualche testimonianza di ricordo e i laici in particolare quelli della Famiglia Salesiana, Salesiani Cooperatori, Ex Allievi e tutti coloro, confratelli e non, che lo faranno nei prossimi giorni.

Nella prima lettura della festa odierna San Pietro esorta gli agli anziani (presbiteri) a pascere il gregge volentieri. L'incarico pastorale che ha vissuto di più è quello del parroco per oltre vent'anni tra Ravenna e Terni e che cosa significhi per lui lo dice nella lettera con cui saluta nel 1993 proprio la comunità di Terni «ho sperimentato ancora una volta come la missione del parroco si incarni e si intrecci con la vita della comunità, delle famiglie, dei singoli, in uno scambio e un arricchimento reciproco profondo; ho condiviso gioie e dolori trepidazioni e speranze». Invece nella lettera di saluto alla comunità di Santa Maria in Porto a Ravenna nel 1983, don Nazzareno ripercorre gli anni degli inizi della sua permanenza in quella città «gli anni ’70… il tempo dell'immediato dopo Concilio, anni di fermento e di rinnovamento non facili, ci si chiedeva un modo nuovo di essere cristiani di fare pastorale giovanile, di fare comunità cristiana, bisognava rinnovare la liturgia, la catechesi, l'associazionismo, la presenza nel sociale… abbiamo cercato di camminare insieme con pazienza e con costanza fiduciosi nella presenza del Signore e del suo spirito, insieme con tutta la Chiesa italiana, insieme con tutta la comunità cristiana cittadina, insieme all'interno della comunità parrocchiale. Un “insieme” che conosce, con le gioie della fraternità cristiana, le difficoltà del dialogo e della ricerca. Non sono molti 10 anni per fare terra nuova; eppure, quanta strada si è fatta nonostante tutto insieme». E poi altre sue parole che, dette quarant'anni fa, suonano oggi tristemente profetiche: «c'è ancora molto da fare, il Regno di Dio è in perpetua crescita e il suo spirito spinge la nostra porzione di Chiesa a farsi sempre più segno e strumento di salvezza per tutti gli uomini. Penso ai tanti “lontani” dalla vita della nostra comunità, ai giovani che “hanno tagliato i ponti”, al raffreddarsi dell'esperienza di fede di tanti ragazzi dopo la cresima». Ma don Nazzareno non era uno che guardava indietro; alcuni confratelli testimoniano come l’abbiano sempre sentito un salesiano che «stava avanti, camminava con noi, non guardava indietro a rimpiangere il passato».

I confratelli ne ricordano soprattutto il periodo vissuto al servizio dell’autorità come Vicario Ispettoriale: il senso istituzionale, la capacità di accoglienza verso tutti, il suo equilibrio e la sua serenità. «Era l'incarnazione della parola all'orecchio, i suoi commenti arrivavano dritti senza trambusto e frastuono». «Le più belle descrizioni di fatti, persone e avvenimenti le ho trovate nei suoi sintetici articoli sul notiziario ispettoriale degli anni 2000. Una penna riconoscibilissima che rivelava una capacità densa di meditare le cose. Servo fedele e silenzioso, nonostante la sua voce profonda e cadenzata come i passi di un uomo stanco quando vuole comunque arrivare alla meta». «Viveva il suo sacerdozio pienamente come vero pastore, in particolare nelle sue esperienze di Parroco; era un sacerdote salesiano perché ispirava fiducia nei giovani e trasmetteva a giovani e adulti la sua fede solida e ‘pastorale’, cioè vissuta nell’attualità del momento storico». «Sempre, in ogni servizio al quale veniva chiamato - parroco, direttore, vicario ispettoriale e altro - ha lasciato un segno del suo passaggio. Anche solo incontrarlo, ispirava sempre un senso di serenità e di equilibrio. Uomo di profonda e autentica spiritualità, cioè di una vita vissuta in unione con Dio, lo esprimeva nella guida spirituale di tante persone: sempre umile, semplice e fraterno».

«Don Nazareno ha fatto parte di quella generazione di confratelli dell'Ispettoria Adriatica che ha vissuto i grandi cambiamenti dovuti al Concilio, ma anche di quelli che negli anni Sessanta si sono verificati a livello ispettoriale».

I laici e in particolare quelli della Famiglia Salesiana ricordano alcuni suoi tratti: la fermezza, la cura, lo sguardo, la profondità delle sue parole, l’arguzia, la sua incredibile capacità di stare al passo con i tempi, don Neno c’era. Con la fede più “giovane e rivoluzionaria” di tanti altri, la conoscenza e il sostegno alla Famiglia salesiana. La sua gioia raggiungeva il culmine ogni anno il 25 aprile a Loreto quando, in occasione della Festa della Famiglia Salesiana, poteva incontrare tutti i gruppi insieme.

Mentre era nella comunità A. Zatti ha potuto godere della vicinanza dei confratelli, delle Sorelle di Gesù Abbandonato, del personale e di coloro che sono venuti a visitarlo. Ha goduto anche del concerto a lui dedicato il 15 ottobre scorso ad Ancona dal maestro Andrea Berardi collegandosi da remoto.

Ha vissuto i suoi ultimi giorni nella serenità e nell’affidamento. Ha ricevuto i sacramenti e ha benedetto e ringraziato tutti prima del passaggio alla vita eterna. Dicono ancora i confratelli e laici: «Qui nella comunità Zatti ho potuto ancora una volta costatare la sua serenità nel vivere, secondo lui, la sua "terza vita", dopo quella pastorale e di superiore». «Mi ha positivamente sorpreso per come stava vivendo e accettando con fede e preghiera, questo ultimo periodo di vita. Contento di rivederci, con la sua solita serenità, si diceva meravigliato di come durante tutta la vita parliamo dell’eternità, del paradiso, additandola come meta a cui tendiamo, ma poi, diceva, quando arriviamo qui e stiamo per arrivarci sembra che non siamo più così contenti di andarvi. E si meravigliava per questa incongruenza». «Diceva serenamente che aspettava il Paradiso, il tuffo nella luce».

Don Pascual Chavez ricorda che «ritrovarlo di nuovo alla Casa Artemide Zatti è stato per me una grande gioia e più ancora l’aver condiviso a lungo negli ultimi ritiri della Comunità in cui, dopo la Messa, veniva a conversare e confessarsi».

La Parola di Dio di oggi ci rimanda alla festa della Cattedra di San Pietro. È il giorno in cui tutte le comunità cristiane sono invitate a saper riconoscere nella sede di Roma il punto di riferimento e di garanzia per la propria fede nel Vangelo. Ma non va dimenticato che l’unico potere ricevuto dall’apostolo Pietro quando, mosso dallo Spirito, ha potuto riconoscere in Gesù di Nazaret «il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (16,16), non può mai tradursi in un’autorità tesa a disciplinare la libertà umana, ma in un servizio rivolto a custodire la libertà di Dio che, attraverso le «sofferenze di Cristo», desidera rendere tutta l’umanità «partecipe della gloria che deve manifestarsi» (1Pt 5,1). Pietro stesso dovrà compiere un doloroso cammino di purificazione davanti alla misericordia di Cristo, per poter diventare un autentico modello «del gregge» (1Pt 5,3) capace di «confermare i fratelli» (cf. Lc 22,32) nell’unica speranza del Vangelo e della vita nuova in Cristo. Oggi è il giorno in cui meditiamo ancora una volta quella domanda: «voi chi dite che io sia? ».

Denotando non solo una grande capacità di penna e di aver assimilato gli studi teologici, apprestandosi a chiedere di essere ammesso al presbiterato don Nazzareno – che di Gesù portava il nome, anzi uno degli aggettivi terreni (abitante di Nazareth) – mostra chiaramente chi è Gesù per lui: «i lunghi e pure brevi anni di formazione non sono stati sufficienti a togliere completamente i calzari di tutto ciò che in me ostacola il Regno di Cristo… solo l'abbandono fiducioso nell'amore misericordioso del Padre, nell'amore Salvatore del figlio nell'amore santificatore dello Spirito Santo mi dà il coraggio di chiederle di ammettermi ad essere ponte con Cristo ed in Cristo, tra Dio e l'umanità, a tuffarmi e respirare nel mondo soprannaturale, a fare mia una sola passione: quella del corpo mistico di Cristo, affinché la sua pienezza riempia tutto in tutti. Sapendo però bene che la sublimazione e in Cristo sacerdote passa attraverso la croce comporta la partecipazione a Cristo vittima prego e mi raccomando alla sua preghiera perché la grazia della imposizione delle mani “risuscitata” ogni giorno nel sacrificio di lode mi dia la forza di essere fedele fino alla fine alla chiamata di Gesù».

Al tempo di Ravenna sviluppò una forte la sua devozione per la Madonna Greca, la cui immagine è conservata nella basilica di Santa Maria in Porto, tenuta dai Salesiani fino al 1991. In generale è sempre stata forte la passione di don Nazzareno per la Madonna, come per ogni buon Salesiano. Oltre a don Bosco e a don Quadrio, sia Maria Ausiliatrice, Greca, o con qualunque dei suoi augusti titoli la si voglia invocare, che ti accolga in Paradiso e ti dia ora il premio dei giusti.