Si sono dati appuntamento da tutta Italia (Liguria e Lazio, soprattutto, ma anche Toscana, Marche, Umbria e Sardegna sono bene rappresentate). Alcuni di loro hanno messo da parte compiti da correggere o libri universitari da studiare, altri hanno chiesto giorni di ferie e permessi, tutto pur di ritrovarsi a Roma per il secondo appuntamento in presenza del Percorso di formazione teologica e pastorale, promosso dai Salesiani dell’Italia centrale e aperto a tutte le figure che, ogni giorno, operano all’interno delle attività promosse dalle opere salesiane: responsabili di settore, coordinatori, educatori laici, docenti, catechisti, animatori di gruppo e membri delle equipe pastorali.
Si è così composto un gruppo di studenti molto eterogeneo, se si considerano età ed esperienze, ma accomunato dagli stessi obbiettivi: imparare, approfondire e arricchire il proprio bagaglio di conoscenze in fatto di pedagogia e cultura cristiana e – sopra ogni cosa – trasportare questa bellissima esperienza nelle loro vite e in quelle dei tanti giovani e bambini ai quali si dedicano con passione.
E così, tra lezioni intensive e corse pazze alla macchinetta del caffè, gli studenti del Percorso hanno accettato con entusiasmo questa possibilità di rimettersi in gioco e cimentarsi con teologia, antropologia, pedagogia, oltre che con l’occasione, per loro preziosa, di approfondire aspetti della vita e delle opere di San Francesco di Sales e San Giovanni Bosco, i due principali punti di riferimento di tutta la casa salesiana. Per i più infaticabili, oltretutto, c’è stata anche una bella occasione di visitare le bellezze di Roma, accompagnati da una guida turistica.
Il corso si è svolto in tre giorni, nel corso dei quali si sono alternati vari docenti, partendo da don Gianni Ghiglione, che ha illustrato il Sistema Preventivo Salesiano, per poi concludere con don Michelangelo Dessi e don Andrea Lupi, che si sono cimentati nell’ardua impresa di sostituire don Marco Rossetti nel corso dedicato allo studio della Bibbia. È stato molto apprezzato, infine, il laboratorio dell’affettività di Alessandro Ricci. Come dice Milena, infatti, «è fondamentale che chi educa sia il primo a interrogarsi e a lavorare personalmente su certe tematiche. Sviluppare e aiutare a sviluppare intelligenza emotiva è una delle cose più importanti per chi educa i giovani». Come vediamo, i partecipanti non hanno fatto mancare energia ed entusiasmo, tuffandosi in un’esperienza che sembra aver toccato corde molto più profonde. «Mi sta facendo riscoprire le radici della mia fede» racconta Mattia, «Troppe volte la dimentichiamo e inseriamo nel cassetto delle cose poco importanti».
Non manca chi ha colto anche l’occasione di fare comunità, un obbiettivo sempre tra i principali di qualsiasi opera portata avanti nel nome di don Bosco. «Questi corsi dovrebbero divenire parte integrante di ogni casa Oratoriana» ci dice Tiziana. «Questa esperienza mi sta donando una luce su quanto vivo oggi e sono certa mi darà la possibilità di essere un educatore migliore domani. Non parlo solo della didattica, ma anche delle relazioni e situazioni che si creano inaspettatamente». Anche Lucia conferma questa impressione: «Rivedere tutti, dopo tre mesi, è stato come fare un incontro tra familiari sparsi tra le varie regioni d’Italia. E con i nuovi è nato subito un bel rapporto di famiglia.»
Il fine settimana si è chiuso domenica a pranzo, con un appuntamento già fissato per ritrovarsi il 21 novembre, e per qualcuno è già arrivato il momento di interiorizzare i tanti insegnamenti ricevuti. Claudio, ad esempio, mentre si avvia a prendere il suo treno per Genova, ci saluta così: «Mi porto nel cuore una bellissima frase di don Luigi Ghiglione “Chi ama, inventa”».
Andrea Mancini, Perugia