Domenica 24 Settembre, alle ore 10.30, nella parrocchia del Sacro Cuore a Livorno, Tommaso Giuliano, insieme a Laura, Ester, Martina, Letizia e la sorella Marta hanno rinnovato la professione, consacrandosi per sempre a Dio con la loro professione religiosa nella Congregazione salesiana e nell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Abbiamo intervistato Tommaso per voi:
Ciao Tommaso, anzitutto ti chiediamo di presentarti: raccontaci un po’ di te.
Ciao a tutti. Vengo da Livorno, ultimo di 6 figli. Fin da piccolo (8 anni) frequento la casa salesiana di Livorno grazie al gruppo scout “Livorno 2” che ancora oggi è presente e così inizia il mio percorso di fede, servizio e conoscenza di don Bosco.
Le relazioni familiari, il percorso scout e gli amici conosciuti nelle diverse esperienze vissute in oratorio, fanno crescere in me tanti aspetti importanti della mia vita e che ora colgo con maggior chiarezza: accoglienza di tutti; bellezza di una famiglia numerosa; responsabilità del cammino personale; scoperta delle proprie qualità e difetti; don Bosco e Baden Powell come modelli di riferimento per il servizio educativo e per ultimo ma non il meno importante, il dono della fede.
Intraprendo le scuole superiori nell’Istituto Tecnico Industriale Statale di Livorno nell’indirizzo informatico e nell’autunno 2011, da poco terminata la maturità, inizio a lavorare in un’azienda informatica che si occupa di logistica di magazzino. Inoltre durante l’adolescenza faccio come sport tennis (solo per un anno) e canottaggio (dai 18 anni fino ai 21).
Nel 2015 inizio l’aspirantato e prenoviziato a Roma Borgo Don Bosco. Vivo il noviziato a Genzano ed emetto la prima professione l’8 settembre 2017; successivamente vado a Roma san Tarcisio e poi il tirocinio ancora al Borgo don Bosco. Poi mi sposto per cominciare lo studio della teologia a Torino Crocetta dove attualmente mi trovo.
Come e dove hai risposto alla chiamata alla vita religiosa?
Dire chiaramente il come e il dove ho risposto alla chiamata alla vita religiosa non è del tutto semplice perché penso che non si possa identificare in “un solo momento” ben preciso. Mi accorgo invece che nel mio percorso ci sono state diverse chiamate e che ognuna, a diverso modo e con diversa consapevolezza, ha contribuito a dare la mia risposta definitiva a Dio e ai giovani. Un po’ come se fosse una grande spirale dove pian piano si scende sempre più in profondità, ma poi arriva un momento in cui devi fidarti.
Provo a riassumerle brevemente cercando di essere sintetico:
1) Il servizio ai più piccoli. Il desiderio di fare il capo per mettermi a servizio dei più piccoli è stato un grande invito del Signore che mi chiedeva qualcosa di più dalla mia vita. Quello che risuonava nel cuore era la frase del Vangelo: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”.
2) Il passaggio dell’urna di don Bosco a Livorno (ottobre 2013). È stato un momento determinate per prendere consapevolezza del cammino di fede e, anche se in modo non così ben definito, di comprensione della Sua volontà.
3) Le amicizie all’interno del gruppo scout e in oratorio. Il vivere la realtà salesiana con questa “doppia” appartenenza, il tutto accresciuto da belle e importanti amicizie vissute mi ha fatto percepire sempre di più l’oratorio come una casa, in un grande spirito di famiglia.
4) L’accompagnamento con una guida. L’accompagnamento con qualcuno che riuscisse, insieme con me, a guardare e osservare con più lucidità il mio percorso di vita è stato un grande aiuto per continuare a crescere e camminare nella fede.
Cosa puoi raccontarci sul tuo rapporto con Marta, sorella e consorella?
Direi semplicemente e forse anche in modo un po’ banale, un grande dono! Dono perché è mia sorella con cui sono cresciuto; dono perché ho/abbiamo condiviso, anche con esperienze e occasioni diverse, la stessa appartenenza alla casa salesiana e allo stesso modo ci siamo innamorati di Dio e di don Bosco; dono perché la sua scelta ha portato in me maggior consapevolezza del mio discernimento; dono perché c’è e ci sarà!
La celebrazione è stata molto bella e ben curata, ricca di gesti molto evocativi. Qual è stato tra di essi il più emozionante e perché?
Direi l’ingresso in chiesa. L’emozione in quell’occasione è alle stelle (ansia compresa). Il cuore palpita a più non posso. L’assemblea accompagna con il canto la processione e conviene non guardare nessuno negli occhi. Tutto chiama a quel “si” inserito nella celebrazione. Rimane solamente da riaffidarsi a Lui per ridirlo ancora una volta e lasciarsi condurre durante tutta la celebrazione.
Per finire una domanda sul futuro: quali sfide immagini da qui in avanti per la vita religiosa?
Penso che le sfide siano molte. Sia per la vita religiosa salesiana, sia per i ragazzi che frequentano le nostre case e non. Ne vediamo e ne sentiamo di tutti i colori.
I tempi per la Chiesa non sono i miglior. Bene così direi! (“Quando sono debole è allora che sono forte” – San Paolo).
La bellezza della nostra vita religiosa è che la sfida ti chiama, ti chiede coraggio, ti chiede sacrificio ma non deve dimostrare niente a nessuno. Non c’è nessun valore da mostrare agli altri o al mondo. E nemmeno devi dimostrare a te stesso che sei migliore di qualcun altro. Ripeto solamente ciò che ha detto don Stefano Aspettati (Superiore della nostra Circoscrizione Salesiana dell’Italia Centrale, n.d.r.) nell’omelia: “Terribile quando nella vita religiosa entra il tarlo efficientista del dover dimostrare. Voi non dovete dimostrare nulla, voi dovete mostrare. Mostrare Cristo. Specificamente mostrarlo nello stile di don Bosco e Madre Mazzarello.”
Direi quindi che il “mostrare” invece che il “dimostrare” possa essere una buona soluzione per affrontare ciò che Dio vorrà.
Angelo Mereghetti