Published On: 19 Maggio 2024

Pubblichiamo la trascrizione dell’omelia di mons. Giuseppe Baturi, arcivescovo di Cagliari, tenuta durante la Celebrazione Eucaristica sul sagrato della Basilica di Nostra Signora di Bonaria, alla conclusione del Forum del Movimento Giovanile Salesiano, sabato 27 aprile 2024.

 

Arrivando qui, cari giovani, avrete – spero – avuto la sensazione di aver camminato, di aver viaggiato, di aver programmato questo itinerario, perché attratti! E c’era qui una presenza che vi invitava e che quindi suggeriva un fascino da assecondare, che vi accolto: la presenza di Maria. Sul suo braccio c’è Gesù bambino, dall’altra parte una fiamma accesa, con un’immagine, un simbolo del viaggio dell’uomo, quella nave che si trova proprio insieme alla candela. Ed è la ragione vera per cui noi camminiamo: c’è sempre un motivo, una causa: per noi cristiani camminare significa essere attratti e amare, amare la meta più di ogni cosa, come diceva un grande santo: «amare è già camminare».[1] Ci mettiamo in cammino, perché attratti, perché conquistati da un amore che si esprime nel cuore come un desiderio.

Quando ci si mette in viaggio bisogna pensare a tante cose: bisogna pensare a ciò che si lascia, a chi si frequenta, chi guiderà, qual è lo strumento del viaggio (se una barca o una barchetta o un aereo) e qual è la meta. Perché ciò che davvero ci definisce è la meta, l’amore alla meta. E man mano che tutto questo si programma e si realizza, è inevitabile che sorga una domanda: ma cosa ci aspettiamo? Per quale speranza ci mettiamo in cammino? Chi va a trovare parenti lontani ha la speranza di una felicità, di un ritrovarsi, un ritorno a una memoria antica; chi va invece ad aprire un’attività economica ha la speranza di una vita più dignitosa: tanti nostri fratelli attraversano il Mediterraneo nella speranza di una vita nuova, capace anche di sostenere i propri familiari rimasti – che so io – in Africa. È importante, per mettersi in viaggio in modo consapevole, chiarificare a noi la speranza che ci muove, cosa realizziamo e che cosa speriamo per la nostra vita. E comprendiamo che la speranza adeguata alla nostra vita è la speranza della felicità, della gioia, di una verità non effimera, di un amore che non si consumi in qualche breve ora.

1370, qui di fronte nel mare, una tempesta aveva colto di sorpresa un naviglio e, come si faceva allora, bisognava rendere più leggera la barca e quindi vengono buttati a mare delle casse. Un imprevisto, un imprevisto di una burrasca, di una tempesta che mette in pericolo la vita. Il giorno dopo si ritrova qui una cassa, una delle tante gettate in mare, e dei Mercedari che erano qui da diversi decenni la aprono (la si può ancora contemplare dentro il museo) e trovano questa immagine della Madonna: nel cuore di un imprevisto pericoloso, c’è un imprevisto che dà speranza. La Madonna che offre il suo bambino e quella luce, per dire non sei abbandonato, non sei nell’oscurità: c’è una luce che ti accompagna, una luce che può orientare il tuo viaggio. È questa luce che contempliamo dal 1370.

Ma c’è come da affrontare, allora, alla luce di tutto questo, il mare della vita. C’è uno scrittore, un drammaturgo che dice che il mare sgomenta e attrae.[2] Sgomenta, perché talvolta è mare nero, un mare che fa paura, dalle onde alte, con i venti contrari, però attrae, perché è bello, perché ci sentiamo fatti per le cose grandi, ci sentiamo fatti per l’avventura. Qui vicino – sapete – c’è il molo Ichnusa, dove ha base Luna Rossa e in questo mare loro affrontano i venti, calcolano e programmano, raccordano le azioni di ciascuno rispetto all’utilità dell’intera imbarcazione.

Ecco, ragazzi, io a volte vedo che i giovani sono sempre tentati tra lo sgomento e il fascino di fronte al mare della vita. Cosa prevale? Il fascino dell’avventura per mettersi in viaggio verso una meta più dignitosa, più bella, più grande? Prevale l’utilizzare così l’amicizia e lasciarsi prendere dalla speranza del più grande, del più necessario, dal più bello? O a volte prevale lo sgomento, la paura dell’imprevisto, che magari si colora come paura di sbagliare, di non voler fallire, di non voler deludere qualcun altro, oppure l’incertezza di non avere di avere gli strumenti giusti? C’è un disamore che spesso si esprime verso di noi, verso il nostro corpo e verso tutto ciò che siamo, verso la nostra storia…

Vorrei anzitutto chiedere alla Madonna di mettere in voi l’audacia del viaggio! Non lasciatevi bloccare dalla paura e dallo sgomento, ma lasciatevi, lasciatevi andare! Andate verso il largo, andate verso le cose grandi, verso ciò che vi promette una felicità non effimera e una verità assoluta. La prima decisione e di dar confidenza a questo fascino piuttosto che allo sgomento della paura: non lasciamoci paralizzare dalla paura.

Comprendiamo dal Vangelo – ci dà tanta testimonianza – che ciò che trasforma la paura nella sicurezza di un cammino non è la nostra perizia, non sono i nostri ragionamenti o ciò che avevamo programmato. Si racconta di una sera in cui i discepoli si misero in barca: vedevano dove dovevano approdare, Cafarnao, ma non ci riuscivano perché i venti erano contrari e il mare era agitato. Vedevano, intravedevano la meta, ma non sapevano come raggiungerla. E si fece presente Gesù, camminando sulle acque. Dove gli uomini vedevano un pericolo, Lui camminava su un sentiero, un sentiero misterioso. E hanno paura, gridano i discepoli, perché lo credono un fantasma, perché davvero un fantasma non è capace di cambiare la vita.

Se Cristo fosse un fantasma dovremmo aver tanta paura! Un fatto raccontato da altri, che giunge a noi come un’immagine vaga… «No, sono io! Non temete!». Lo presero con sé e raggiunsero la riva, lo presero con sé sulla banca. È l’atto più intelligente che potevano fare: prendere con sé il Signore, che non è un fantasma. «Sono io!». E così giunsero rapidamente subito alla meta sospirata. Con chi facciamo il nostro viaggio? La speranza della vita ha bisogno di diventar certezza del cammino. È solo la presenza non di un fantasma, non di un racconto passato, ma solo la certezza della presenza di Gesù rende il cammino certo, non facile, ma certo! Non saranno sempre facili passaggi, ma non saranno mai senza senso, o banali, o assurdi. Ecco la seconda domanda: prendete con voi il Signore Gesù.

L’immagine della Madonna, poi, ci aiuta a capire che il Signore Gesù si manifesta a noi dentro affetti, l’affetto di una mamma, l’affetto della Chiesa. Vincoli di amore come quelli che vivete in questi giorni nelle comunità salesiane, dentro il grande carisma di don Bosco e la Chiesa, che è il luogo in cui il viaggio può essere intrapreso e Cristo smette di essere un fantasma, per diventare una presenza reale, l’unica che può conoscere ciò che è dentro il nostro cuore, l’unica che può indicarci la strada per la felicità che desideriamo.

Date confidenza alla Chiesa! Costruitela, prendetela in mano, metteteci vostro entusiasmo, la vostra fantasia e creatività, prendete in mano la Chiesa, così come prendete in mano questo mondo. È un mondo di guerra, è un mondo che parla di sofferenze di tanti giovani, alla vostra età in Ucraina o in Terra Santa sono chiamati per combattere, per odiare, per distruggere e tanti violentano, uccidono anche i bambini, alla vostra età… Serve che questo mondo veda il mobilitarsi di un altro popolo, il popolo di coloro che hanno sperato nel Signore e che, quindi, stringono rapporti di amicizia e di pace con gli uomini che incontrano. Prendendo in mano la vostra vita, prendete in consegna questo mondo per poterlo trasformare e renderlo più degno di essere vissuto, più degno degli uomini. Abbiamo bisogno di voi, del vostro futuro, della vostra energia, della vostra immaginazione. Abbiamo bisogno che il mondo riconosca la possibilità di una diversità, perché il mondo può cambiare. A volte veniamo quasi immobilizzati dal sentimento di una ineludibile necessità all’odio. No, il mondo può cambiare se lo cambiamo noi, a partire dai nostri ambienti, dalle nostre relazioni. Siate motivo di amicizia e di pace in tutti gli ambienti; e aiutate noi “vecchi”, o “giovani da più tempo” a seguire strade di verità, a seguire strade di vera speranza. Non abbiate paura della vita, ma prendete in largo, prendete con voi Gesù, amate la Chiesa e trasformate il mondo.

 

[1] Cfr. Sant’Agostino

[2] Cfr. Stefano D’Arrigo