don Mario Marchioli
Casalbordino (CH), 25/12/1944 | + Roma, 27/03/2024
Annuncio
La comunità salesiana di Roma – Don Bosco e la Circoscrizione Salesiana “Sacro Cuore” – Italia Centrale annunciano che
È ENTRATO NELLA VITA PIENA
MARIO MARCHIOLI salesiano presbitero
61 anni di professione religiosa 52 di ordinazione presbiterale morto il 27 marzo 2024 a 79 anni d’età
La liturgia delle esequie sarà celebrata venerdì 29 marzo alle ore 10,00 nella Basilica di San Giovanni Bosco a Roma
I resti mortali attenderanno la resurrezione nel cimitero di Casalbordino (CH)
Biografia
Mario nasce a Casalbordino (Chieti) il giorno di Natale del 1944 da Michele e Giovanna Di Fabrizio. Quarto di 5 fratelli. Dopo tre giorni è battezzato. Entra nella Casa salesiana di Gaeta nell’ottobre del 1956 a 12 anni non ancora compiuti. Nella Solennità di Don Bosco nel gennaio 1957 riceve la Cresima e in quell’anno il papà muore. Il Noviziato lo vive nel 1961-62 a Lanuvio e, emessa la prima Professione il 16 agosto 1962 inizia subito a 17 anni la sua esperienza missionaria in quella che attualmente è la Repubblica Democratica del Congo e che allora era nel bel mezzo delle guerre interne seguite alla indipendenza dal Belgio. Dopo il Postnoviziato a Kansebula comincia il tirocinio a Kafubu (Lubumbashi) nel quale Mario insegna in una scuola tecnica matematica e religione; lì era con il confratello Nestor e con Tonino Marzeddu. Dopo il tirocinio rientra in Europa ed è a Lione per tre anni per studiare Teologia in preparazione al Presbiterato.
È ordinato Presbitero a Casalbordino il 25 settembre 1971 da Mons. Loris Capovilla (già segretario di papa Giovanni XXIII). Riparte per il Congo e si ferma in terra di missione per quattro anni a Lubumbashi professore (Kenya e Imara) fino al 1975. Poi una interruzione di tre anni a Roma–UPS per conseguire la Licenza in Scienze dell’educazione – sezione catechetica (risultato summa cum laude), e poi nel 1978 torna ancora in Congo per altri 13 anni a Lubumbashi e Kansebula: formatore, prefetto degli studi, preside e animatore spirituale, Vicario in Comunità, Delegato ispettoriale per la Comunicazione Sociale, Direttore dell’Ufficio catechistico nella Diocesi di Lubumbashi, sono solo alcuni dei servizi specifici ai quali è chiamato oltre la ordinaria vita educativa e pastorale. Subisce la rottura di un braccio in un assalto degli studenti al furgone che stava guidando, durante i terribili fatti nell’Università di Lubumbashi nel 1990. Così, nel 1991, dopo numerosi anni di esperienza missionaria - anche per motivi di salute - rientra in Italia; ma non cessa il suo impegno missionario; infatti, per 9 anni è chiamato a collaborare nella Direzione Generale della Congregazione nel Settore della animazione missionaria. Certamente anche la buona conoscenza della Lingua francese (oltre lo Swahili) e la dimestichezza con altre lingue sono un buon supporto per il servizio al quale è chiamato a livello di tutta la Congregazione, oltre gli studi nell’UPS e le molteplici esperienze acquisite nelle Case e nel contesto dell’Africa.
Terminato questo servizio, è destinato all’allora Ispettoria Romana: usufruiscono della sua presenza e del suo servizio le Case di Roma-Pio XI (2000-2002), Roma-Sacro Cuore (2002-2008), Roma-S.M. della Speranza (08-10) Vasto (2010-2014), Roma-Centro Ispettoriale (2014-2016), Roma-Sacro Cuore (2016-2019), Roma-Don Bosco (2019-2020), Vasto (2020-2022), Roma-Don Bosco (2022-2024). Impegnato soprattutto nella pastorale parrocchiale, ma non sono mancati servizi in altri ambiti: Segretario ispettoriale, archivio ispettoriale, Delegato per i salesiani Cooperatori e Assistente per le Volontarie di Don Bosco (che hanno scritto parole di grandi elogi per lui), predicatore in Corsi di Esercizi Spirituali.
Omelia
Saluto tutti i confratelli, le consorelle, Maria in rappresentanza della famiglia, saluto anche mons. Paolo Ricciardi che presiede questa liturgia esequiale e mons. Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto che si è reso presente in queste ore per un saluto a al caro amico don Mario. Prima di cominciare desidero anche ringraziare chi - confratelli e i laici - ha reso una testimonianza in queste ore su don Mario, troppi per essere citati, in particolare vorrei ringraziare due confratelli del Congo: il salesiano coadiutore Nestor Kolela e don Piero Gaviolo.
Qualche testimonianza per tratteggiare un po’ il suo profilo. Anzitutto le cose che lui stesso ha detto: nella richiesta di ammissione al noviziato scrive: “Malgrado i miei difetti ho ferma volontà di santificarmi come San Domenico Savio, di eliminare questi con assiduità e pazienza, di ardere ognor più di amore per Gesù e Maria e passare questa vita tutta per il bene del prossimo e di me stesso”.
Chiaramente tutto proteso alla missione è il motto che sceglie nella ordinazione sacerdotale: “Come tu hai mandato nel mondo me anche io ho mandato nel mondo essi” (Gv 17,18). Nel testamento spirituale della Pasqua 2022: “Rendo grazie a Dio per avermi chiamato alla vocazione religiosa salesiana e sacerdotale, per la vocazione missionaria che conservo come dono inestimabile nel più intimo del mio cuore, per la mia presenza educatrice tra i giovani, l'esercizio del sacro ministero e la gioia di avere aiutato centinaia di catechisti a trasmettere educare alla fede. Ringrazio Dio, infinitamente buono e misericordioso, di avermi sempre messo accanto confratelli ricchi di comprensione e di sincera amicizia che mi hanno aiutato ad essere fedele alla Chiesa e a Don Bosco… L'attuale mia ricollocazione pluridecennale nel contesto europeo non diminuisce la ricchezza umana e spirituale acquisita in terra d'Africa alla quale va tutta la mia riconoscenza per avermi accolto come a casa mia e avervi potuto espletare gli anni più belli della mia vita, per la ricchezza del sentire umano prossimo alle sofferenze e allo stile semplice cordiale veritiero dei rapporti umani, soprattutto per il lavoro svolto a servizio della Chiesa e della Congregazione”.
La figura di don Mario è davvero poliedrica per come viene descritta da fuori. Un uomo molto esigente con sé stesso e quindi anche con gli altri, come molti hanno sottolineato. Non era fatto per le mezze misure. Il suo stile spesso appassionato sfociava in alcuni momenti in quella che lui chiamava la “mariologia” intendendo con questo termine non certo il santo studio sulla Vergine Maria, ma le accalorate esternazioni di don Mario. Era un continuo richiamo alla fedeltà sia con l’esempio e la laboriosità, ma spesso anche in maniera diretta. Quando insegnava matematica in tirocinio, i ragazzi si chiedevano: “Ma perché si arrabbia quando ci parla?”
Un altro aspetto è proprio quello missionario. Scrive proprio don Mario come era nata questa passione, perché ha proprio a che fare con questa Basilica: “il dono della missione, preparato quasi fin dal grembo materno, essendo stato iniziato da piccolo alla sensibilità missionaria e dall’ascolto di Sacerdoti innamorati della Parola fino a fare della mia vita un dono per la missio ad gentes. E questo, da presto. Il giorno della mia vestizione nella Basilica di San Giovanni Bosco a Roma, successe come un patto tra me e lui. Con la talare in mano andando verso l’altare alzai lo sguardo verso il grande mosaico di Don Bosco Sacerdote, mi commossi e gli dissi: “Con te, sempre, anche se devo partire missionario”. Di fatto la missione rimarrà sempre il periodo più bello della sua vita salesiana. E don Gaviolo scrive: “Ha dato la sua vita e la sua forza al Signore, come un missionario dei tempi nuovi, preoccupato di incarnare il Vangelo e di preparare apostoli laici per continuare e approfondire l’opera di evangelizzazione”.
La sua passione era in particolare la catechesi, precursore in qualche modo dell’affidamento di responsabilità della missione ai laici. Racconta don Gaviolo: “Ha pubblicato vari manuali per la catechesi, in francese e in swahili, tra gli altri un Direttorio della catechesi che è ancora seguito oggi”. Di fatto don Mario diceva ancora a distanza di anni: “la gioia di annunciare il Vangelo non è mai venuta meno in me”. Per questo – una volta rientrato in Italia – ha continuato, sia in prenoviziato al Borgo sia in noviziato a Genzano, a insegnare il Catechismo della Chiesa Cattolica. Per questo teneva molto alla sua formazione e si manteneva sempre aggiornato e chiedeva questo anche agli altri, diventando per me e per gli altri confratelli un modello da seguire soprattutto in questi tempi.
Don Mario era molto attento alla vita fraterna e comunitaria. Era capace di amicizia e di cogliere chi era più fragile e in difficoltà, ma anche di arrabbiarsi quando a suo giudizio non c’era verità nelle relazioni. Ma ovviamente ha sempre avuto un affetto particolare per la sua famiglia di origine, anche negli anni in cui ha vissuto più lontano. Era meticoloso nel prepararsi alla Messa e in particolare nel preparare l’omelia. Negli ultimi anni di vita e missione tra Vasto e il Don Bosco don Mario è diventato punto di riferimento spirituale per molti penitenti e persone che venivano da lui per cercare una guida sicura, ma anche un formatore alla fede.
Nella liturgia di questo pomeriggio, nella prima lettura si legge Isaia: «Ecco, il mio servo avrà successo, sarà onorato, esaltato e innalzato grandemente» (Is 52,13). Sembra impossibile guardare un patibolo e contemplarlo come un palcoscenico di amore infinito e libero. Eppure, la voce di Isaia è raggiunta e rilanciata anche da quella dell’autore della lettera agli Ebrei che abbiamo appena sentito: «[Cristo] nei giorni della sua vita terrena, offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito» (Eb 5,7). Eppure non sembra sia stato esaudito… In che modo allora Dio ascolta e — soprattutto — esaudisce le preghiere più sofferte e accorate? E drammaticamente possiamo chiederci addirittura un Padre che non ha risparmiato la morte al suo Figlio - «Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono» (Eb 5,8-9) – come potrà ascoltarci? Ma mentre noi proviamo a cercare — in terra e in cielo — le motivazioni di tutte le cose che ci capitano e ci segnano, il destino del servo di Dio annuncia che siamo ascoltati meglio e più profondamente quando rinunciamo a cercare risposte alle sole attese del nostro cuore. L’esperienza di Gesù ci svela che la preghiera non serve per ottenere cose, ma per crescere in una relazione con Dio. Giungendo al fondo della sua preghiera, il Signore Gesù non ha svelato i motivi del male e della sofferenza, ma è riuscito a diventare “causa” di salvezza. Così quando Gesù prima di consegnare lo Spirito dice «tutto è compiuto» (19,30) dice che l’uomo non è compiuto quando tutti i suoi bisogni sono soddisfatti e le sue necessità sono risolte, ma quando egli diventa capace di accettare il limite con così tanta regalità da poterlo attraversare e celebrare. «Ho sete» dice Gesù (Gv 19,28). Il Figlio di Dio Muore assetato di noi, assetato che noi possiamo consegnare a Lui tutto il limite dal quale ancora stiamo fuggendo. Proprio questa è stata l’esperienza di don Mario, in questi ultimi tempi e in particolare gli ultimi tre mesi che sono stati un vero e proprio Calvario, ma direi che questa è stata tutta la sua vita. Scavato dalla sofferenza fisica e spirituale, ha saputo approfittarne per affidarsi completamente a Dio. Ringrazio di cuore don Roberto e i confratelli della comunità del Don Bosco, i confratelli della comunità A. Zatti per un breve tratto e tutti quelli che hanno accudito con amore don Mario in questi mesi.
Maria Ausiliatrice, compagna di don Mario per tutta la vita, è stata la sua compagna fino alla fine, col Rosario sempre in mano e al collo (“per non dimenticarmi mai” diceva lui) l’ha scoperta anche sotto la sua croce.
Il finale è il Paradiso e, come dice il beato Allamano, “il Paradiso del missionario è il più bello” ma le parole le prendo direttamente dagli scritti di don Mario: “Concludo nel ringraziare il Signore di essere sempre stato con me, di avermi sempre raggiunto quando rallentavo il cammino o mi fermavo per strada e di continuare a dirmi come a Pietro: “Mario, mi ami tu”? La risposta è la stessa: “Signore tu sai che ti amo”.