don Alberto Cosenza
25/09/1932 | 23/12/2023
Annuncio
La comunità salesiana di Genova Sampierdarena e la Circoscrizione Salesiana “Sacro Cuore” – Italia Centrale
annunciano che
È ENTRATO NELLA VITA PIENA
SALVATORE ALBERTO COSENZA salesiano presbitero
65 anni di professione religiosa 56 di ordinazione presbiterale morto il 23 dicembre 2023 a 91 anni d’età
I FUNERALI saranno celebrati mer 27 dicembre – h. 11,30 - Parrocchia SS. Giovanni Bosco e Gaetano
La salma attenderà la resurrezione nel cimitero Castagna di Genova
Biografia
Alberto nacque a Roma il 25 settembre 1932 da papà Filippo e mamma Carolina Del Pinto, ultimo di 9 fratelli. Il padre, vice questore, fu trasferito al nord e don Alberto visse a Verona. È rimasto sempre attaccato a questa terra. Proprio in questi ultimi giorni a letto, rivedendo la sua vita, don Alberto ricordava di come da ragazzo rischiò la vita per l’incoscienza per la curiosità di voler assistere da vicino alle operazioni militari durante la Seconda Guerra Mondiale. Alberto conobbe i Salesiani a Verona, dove fu alunno della terza ginnasio; maturò la sua vocazione salesiana, ma non gli fu consentito di partire se non dopo aver conseguimento della laurea. Frequento l'Università di Padova dove si laureò in ingegneria industriale meccanica nel 1956. Il suo desiderio di laurearsi in fretta per poter poi seguire la sua vocazione era così forte che si applicò con grande abnegazione così da essere il più giovane ingegnere di Italia.
Grazie alla nipote Annarosa sappiamo che a Verona, mentre studiava, il suo poco tempo libero lo dedicava agli adolescenti della chiesa di San Luca dove era parroco in quel tempo monsignor Chiot, grande figura della storia di Verona (ricordato per aver tra l'altro seguito e accompagnato al patibolo i condannati Ciano e compagni) che gli affidò i ragazzi della Azione Cattolica e i giovani della FUCI. Dopo la laurea fu richiesto dalla Dalmine di Bergamo, dove si avviava a una brillante carriera; lavorò per tre mesi, ma il suo pensiero fisso era la vocazione salesiana. Cominciò allora il prenoviziato nella case salesiane di Genova Sampierdarena e Colle Val d'Elsa nel 1956, poi entrò in noviziato a Pietrasanta nel 1957 ed emise la prima professione il 16 agosto 1958; il post noviziato fu a Roma San Callisto dal 1958 al 1959 e poi ad Arco di Trento dal 1960 al 1961 nel sanatorio del clero a causa della tubercolosi, poi il tirocinio a Genova Quarto dal 1961 al 1963; poi la teologia cominciata a Bollengo dal 1963 al 1964 e poi per motivi di salute finita fuori dallo studentato: prima ad Alassio dal 1964 al 1965 poi a Vallecrosia dal 1965 al 1966 frequentando i seminari di Albenga e di Ventimiglia per gli esami e poi di nuovo nel sanatorio ad Arco dal 1966 al 1967; nel frattempo aveva emesso la professione perpetua a Col di Nava il 15 agosto 1964; fu ordinato presbitero l'8 gennaio 1967 da monsignor Rauzi a Trento, con una dispensa sull’intervallo canonico tra l’ordinazione diaconale e quella presbiterale a causa della sua salute precaria ma anche per consentire alla mamma ormai a fine della vita di poterlo vedere sacerdote. Perorando la causa dell’accorciare i tempi dell'ordinazione l'allora ispettore scrisse al Rettor Maggiore don Ziggiotti dicendo: “al noviziato, nell'anno di filosofia, nei due anni di sanatorio e nei due anni di tirocinio convalescenza a Quarto ha dimostrato di essere un premio Nobel dell'osservanza, del buono spirito e della pietà”. Preparandosi a questi passi don Alberto – solitamente molto scarno nelle sue domande di ammissione – scrisse la sua domanda nel giorno della festa liturgica di Santa Margherita Maria Alacoque “perché essa mi ottenga una illimitata fiducia nel cuore di Gesù e nella sua mamma e mi ottenga con tutti i santi di essere un sacerdote secondo il cuore di Cristo Salvatore”. Di lui i superiori scrivevano che possedesse “un ottimo spirito ecclesiastico, di spiccata pietà il cielo che si perdeva un po’ per eccesso di analisi”.
Dopo la laurea si iscrisse all'albo degli ingegneri nel 1968; conseguì l'abilitazione in matematica e fisica nel 1963, in tecnologia meccanica nel 1965, in elettrotecnica e misure nel 1976. Una volta guarito dalla turbercolosi, dal 1968 fu inviato a Genova Sampierdarena dove è rimasto fino al giorno della sua salita al cielo. Fu preside dell’ITI dal 1968 al 1979 poi insegnante fino al 2009 (matematica e fisica al biennio e tecnologia e meccanica al triennio). Fu anche delegato ispettoriale delle scuole dal 1968 al 1972.
Il Signore lo ha chiamato a sé il 23 dicembre 2023.
Omelia
omelia del Superiore, don Stefano Aspettati
Nella prima lettura di questa festa di san Giovanni Evangelista, che cade come sempre nella Ottava del Natale, leggiamo la testimonianza di Giovanni che dice “quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi”. Lui si riferisce ovviamente alla singolare esperienza di aver vissuto a fianco a Gesù, noi adesso vogliamo raccontare l’esperienza di Dio che è stata vivere accanto a don Alberto Cosenza. Devo dire in sincerità che una delle cose belle di essere ispettore è proprio avere il privilegio di poter celebrare le esequie di persone come don Alberto, ascoltare tante testimonianze su di lui e raccontarle. Non potrò io ripetere adesso tutto quello che ho letto e sentito in questi giorni, ci sarà modo e tempo per poterlo fare attraverso la pubblicazione della lettera in suo ricordo. Qui ringrazio soltanto per i contributi dei suoi direttori don Sergio Pellini, don Maurizio, don Renato, don Sergio Nuccitelli, don Gino e di tutti gli altri confratelli che hanno lasciato un pensiero: don Karim, don Abraham, don Beppe Paperini, don Natalino Parodi, don Franco Macrì, Emanuele Marazzato, Paolo Evelli, don Marco Cimini, don Pier Dante, don Maurizio Lollobrigida, don Francesco De Ruvo e la sua famiglia, don Marco Tagliavini, l’ultimo ordinato qui lo scorso giugno; e poi Marco Stoppani, oltre ovviamente alla nipote Annarosa. Non li citerò puntualmente, mi servirò liberamente delle loro testimonianze. Del resto, tanti altri non hanno fatto in tempo a scrivere e si faranno vivi in un secondo momento o conserveranno nel loro cuore un ricordo di questo grande confratello.
“Corse più veloce” Don Alberto era, come si diceva, una vocazione adulta. Si pensi che la sua prima professione fu a 25 anni e l’ordinazione sacerdotale a 35 anni: età per quegli anni fuori dal comune. Aveva dovuto convincere la famiglia, che aveva per lui ben altre idee di avvenire e del resto le sue capacità erano tali che le speranze risultavano ben riposte. Quando partì per il prenoviziato i suoi fratelli andarono letteralmente a riprenderlo per portarlo a casa a Verona, ma poco dopo lui scappò e tornò di nuovo a Colle Val d'Elsa; allora la sua mamma si rassegnò e gli permise di seguire la sua strada. Nel vangelo di oggi leggiamo di un episodio decisivo, dopo la Resurrezione di Gesù. Si tratta di una delle prime manifestazioni che fondano la fede nella Resurrezione. Dopo che Maria di Magdala si accorse ed ebbe annunciato la scomparsa del corpo di Gesù a Pietro e Giovanni, essi si mossero subito. Dice il Vangelo: “Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro”. Quel discepolo che l’evangelista non nomina secondo la tradizione era Giovanni stesso. Leggendo di un apostolo in corsa per noi è facile pensare a don Alberto, sempre di corsa. Molti lo hanno definito uno spirito inquieto, sempre in movimento, che non stava mai fermo. Non c’erano le scale per lui perché non le saliva ma le saltava a blocchi, spesso non c’era neanche la normale prudenza nel suo correre in motorino o in auto. La sua non era semplice fretta, ma voglia di fare tante cose senza fare aspettare nessuno e senza perdere un istante. Forse riteneva di aver aspettato abbastanza.
“Si chinò, vide i teli posati là…”. La scena nel sepolcro e la disposizione dei teli e del sudario fanno comprendere a Giovanni che non può esserci stato un furto del cadavere di Gesù, ma che evidentemente Egli stesso è miracolosamente uscito dalla morte. Il ragionamento è un dono di Dio e don Bosco stesso ne ha fatto uno dei cardini del Sistema Preventivo da applicare nella educazione dei giovani. Don Alberto aveva questo ingegno. Era orgoglioso di essere ingegnere e di poter mettere a disposizione le sue conoscenze per i giovani. L’ITI di Sampierdarena è cresciuto ed ha prosperato per anni grazie a figure come la sua, che univa alla salesianità una grande competenza professionale e qualità di insegnamento. È sempre stato un difensore della scuola e del suo valore educativo. Ha sempre mantenuto la voglia di studiare e di aggiornarsi e parlava volentieri e con acuta curiosità tanto di questioni di Chiesa che di problemi tecnologici. Ma l’ingegnere don Cosenza non era un cattedratico, sapeva abbassarsi e mettere a frutto le sue conoscenze nella pratica, nella manutenzione generale di una casa complessa come quella di Sampierdarena come nelle piccole riparazioni che i confratelli chiedevano. Il suo laboratorio, per la verità non sempre ordinato, era sempre aperto.
“…ma non entrò”. Giovanni non cede alla tentazione di far valere la sua maggiore velocità e forse perspicacia e fa entrare prima Pietro, che Gesù aveva indicato come il suo successore. Una delle parole che è stata usata di più per don Alberto in questi giorni è proprio l’umiltà. Umiltà che non significa nascondersi, ma sapersi figli, consapevoli di aver ricevuto dei talenti e desiderosi di metterli a disposizione per il Regno. Infatti, insieme all’umiltà e profondamente saldata ad essa è la autenticità. Don Alberto non regalava molto a parole superflue e non accettava facilmente complimenti che tacciava di adulazioni; ma era un uomo di relazione vera. Lo dimostrano gli innumerevoli ex allievi che lo andavano a trovare e le relazioni spirituali e di amicizia nei vari luoghi di apostolato da lui frequentati. Era un uomo libero, perché pur avendo passato la sua vita salesiana a Sampierdarena non fece mai pesare la sua esperienza ai nuovi arrivati rimettendosi in gioco in tutte le situazioni. Considerato il suo dinamismo, gli ultimi tempi e la non autosufficienza sono stati per lui una grande fatica, ma ha vissuto anche questo con umiltà e accettazione.
Apostolo Proprio parlando del don Alberto apostolo ricordiamo, oltre all’insegnamento, il servizio nelle parrocchie della città, in particolare quella di Rivarolo, ricordiamo la sua passione per lo Scautismo e il MASCI, ricordiamo il suo servizio all’Equipe Notre Dame, le cappellanie dalle suore, le confessioni al Santuario della Guardia e ultimamente anche alla parrocchia di Sampierdarena. Tutte attività che fanno di don Alberto un apostolo a tutto tondo, una figura poliedrica. Da Salesiano era capace di dedicarsi completamente al servizio dei giovani, in particolare dei più poveri e ancor più in particolare sensibile alle povertà culturali. Ma era anche apostolo di adulti e capace di incarnare il vangelo a tutti, con parole e omelie semplici e incarnate. La sua figura ha motivato giovani a mettere a disposizione i propri talenti in posti di responsabilità nella società ed anche alla scelta della vita consacrata. Aveva un obiettivo: la formazione a tutti i livelli, di cui diceva: “c’è un bisogno enorme, oggi non è più tempo di partiti ma di essere lievito nella cultura”.
“Vide e credette”: l’accumulatore di Dio Giovanni, una volta anche lui entrato nel sepolcro, coglie cosa sia successo e crede nella Resurrezione del Figlio di Dio. Da lì in poi nulla sarà più uguale e, sia lui sia gli altri, consegneranno la propria vita alla diffusione del Vangelo. Don Alberto aveva un solo grande obiettivo: consumarsi per il Regno di Dio. L’energia che diffondeva nella sua interminabile giornata proveniva dal Tabernacolo, dalle ore passate in preghiera, spesso a tarda sera, dai Rosari recitati di continuo specialmente negli ultimi anni di vita. Paragonandolo al campo della fisica qualcuno ricordava che era un accumulatore di Dio perché capace di riempirsi continuamente di Lui. Questo solo garantisce a ciascuno di noi di non essere al contrario delle batterie scariche.
Comunità Un’altra caratteristica di don Alberto era il suo amore alla comunità. Non perdeva mai un appuntamento comunitario… a cui arrivava puntualmente in ritardo. Era attento a ciascun confratello; quanti hanno raccontato di essere stati accolti a Genova da lui che era uno dei “senatori” della comunità! Il suo atteggiamento essenziale poteva risultare burbero e buono allo stesso tempo e può essere sintetizzato da un dialogo tipo che ci racconta Paolo Evelli quando era segretario scolastico gli chiedeva: “Don Alberto, potresti andare al Provveditorato a ritirare un plico?” “No, non ho tempo”. “Don Cosenza avrei bisogno tu mi potessi riparassi una serratura” “Aggiustatela da solo”. “Don Alberto potresti accompagnare alla stazione questo missionario?” “Non ho voglia!” “Don Alberto mi potresti….” “No, arrangiati!” Ma dopo un po' arrivava... “allora, cosa dovrei fare?” Negli ultimi tempi di malattia don Alberto ha cercato sempre di essere ancora presente in comunità e la comunità lo ha seguito quando le sue condizioni si sono aggravate. Oltre al direttore e agli altri confratelli, don Giulio (oltre alla sig.ra Stella) lo ha seguito con tanto amore fino alla fine. Qualche tempo fa don Alberto mi disse: “sono alla fine c’è poco da dire; ma non sono mai solo e questo è bello, mi sento accompagnato”.
Conclusione Caro don Alberto, amante della tua bella Verona come di Genova, amante delle montagne, come hanno scritto i tuoi amici del MASCI sei arrivato in vetta. Ti accolgano don Bosco e Maria Ausiliatrice in Paradiso. Molti hanno immaginato il tuo arrivo, ora riprendendo le discussioni con don Rinaldini, ora aiutando san Pietro nell’ingegneria, ora riparando il cancello del Paradiso. Noi ringraziamo te per il dono che sei stato per noi e il Signore e la tua famiglia per averti donato alla causa del Regno. Ti chiediamo di continuare a vegliarci da lassù con il tuo sorrisetto.