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don Aldo Meloni
Lunamatrona (CA), 06/04/1942 | + Monserrato, 04/10/2024
Annuncio
La comunità salesiana di Cagliari "Nostra Signora di Bonaria" e la Circoscrizione Salesiana “Sacro Cuore” – Italia Centrale annunciano che
È ENTRATO NELLA VITA PIENA
ALDO MELONI salesiano presbitero
63 anni di professione religiosa, 52 di ordinazione presbiterale, morto il 04 ottobre 2024 a 82 anni d’età.
I funerali saranno celebrati sabato 05 ottobre alle ore 15,00 nella Parrocchia di San Paolo a Cagliari
I resti mortali attenderanno la resurrezione nel cimitero di San Michele a Cagliari.
Biografia
Aldo Meloni è nato a Lunamatrona (Ca) il 6 aprile 1942 da papà Anacleto e mamma Evelina Setzu. Ha lasciato a 12 anni il suo paese partendo per gli studi nell’aspirantato di Gaeta per poi entrare in noviziato a Lanuvio nel 1960-61 ed emettendo i voti nella prima professione a Lanuvio il 16 agosto del 1961. Per il postnoviziato si sposta a Roma San Callisto dal 1961 al 1964 e al termine di questo periodo ottiene la maturità classica per poi proseguire un ulteriore anno a Genzano.
Il tirocinio, durato tre anni, è stato fatto il primo anno a Roma Don Bosco (1965-66) e per gli altri due anni a Roma Borgo Ragazzi Don Bosco (1966-68). Durante la permanenza al Borgo Ragazzi Don Bosco arriva il tempo della professione perpetua e nella sua richiesta di ammissione scrive: “Sono consapevole di fare un passo decisivo nella mia vita e lo faccio coscientemente e liberamente confidando sempre nella grazia generosa di Dio e nella mediazione della Madonna Ausiliatrice. Mi propongo di realizzare in seguito quanto non ho saputo fare finora rimettendomi più docilmente agli impulsi intimi dello Spirito Santo e alla fiducia dei Superiori”. La professione perpetua è avvenuta a Loreto il 15 agosto del 1967. La teologia don Aldo la frequenta e studia a Castellamare di Stabia (NA) dal 1968 al 1972. Aldo è stato un salesiano vivace e aperto, alcune volte lo definiscono un po’ suscettibile e di temperamento emotivo e un po’ variabile, comunque di buona compagnia. Di questo periodo di Castellamare è molto interessante un giudizio che lo riconosce di buona salute e di molte e buone capacità e passando a parlare della vita comunitaria, viene scritto: “C’è e si vede e si sente!”.
A conclusione degli studi di teologia è stato ordinato sacerdote a Lunamatrona, il paese natale, il 25 marzo del 1972. Nella domanda di ammissione al presbiterato in modo molto trasparente scrive: “Sono cosciente dell’impegno che assumo e delle difficoltà che mi attendono nella fedeltà della mia missione. Sono anche consapevole di essere debole e per questo dovrò migliorarmi sempre all’ombra del Vangelo che sono chiamato ad annunciare. Ma il Signore protegge sempre chi ricorre a Lui e questo è il mio sentimento maggiore: mi metto nelle mani di Gesù e della Chiesa”. Le osservazioni che lo ammettono al presbiterato riconoscono in lui “buona volontà. Ragionevole e docile. Si è lavorato per “rifinire” il modo della sua presenza. Generoso nelle sue prestazioni, sapendo organizzare il suo tempo. Si presta e segue i ragazzi nella loro maturazione spirituale”.
Ha svolto la sua attività pastorale nella casa di Lanusei, appena ordinato sacerdote, come incaricato dell’oratorio nell’anno 1972-73 per poi essere trasferito a Selargius dove è rimasto per ben 22 anni dal 1973 al 1985 come insegnate, animatore del CFP e incaricato dell’oratorio per ben 11 anni. Quindi dopo una permanenza di tre anni a Cagliari San Paolo, dal 1985 al 1988, come aiuto all’oratorio e rimanendo comunque insegnante a Selargius, nel 1988 ritorna a Selargius dove rimarrà per altri 27 anni, fino al 2015 assumendo nel tempo i ruoli di insegnante, animatore del CFP, incaricato dell’oratorio, delegato degli exallievi. Ho ritrovato un volantino con cui i giovani del CFP di Selargius celebravano i 25 anni di sacerdozio di don Aldo nel 1997 in cui scrivevano simpaticamente una radiografia: “età over 50 – cristiano over 50 – salesiano over 35 – formatore del CFP over 20 – tra i giovani under 40” e la diagnosi conseguente era: “salute: buona – spirito: giovanile con leggera flessione (data l’età!)” arrivando a suggerire la cura: “si consiglia un immediato periodo di ossigenazione…in Terra Santa!”
L’ultima obbedienza lo porta a Cagliari Don Bosco dove rimane per nove anni (dal 2015 al 2024) fino alla sua morte.
Omelia
Il libro della Sapienza che abbiamo appena letto nella prima lettura ci fa prolungare il nostro sguardo in avanti, ci proietta con speranza verso il futuro di una vita che non si conclude ma che inizia in modo nuovo: “la speranza dei giusti è piena di immortalità”. È interessante come il testo afferma che agli occhi degli stolti le anime dei giusto “parve” che morissero…e invece non è così! Ebbene la nostra fede ci conferma che non è così: non sono morte queste anime ma sono passate ad un’altra vita, ad un’altra modalità di vita, anzi noi la consideriamo la vita vera.
L’anno giubilare che tra poco si aprirà e che siamo chiamati a vivere proprio nell’ottica della speranza e come pellegrini che si fanno compagni di questa virtù teologale, ci invita a cambiare il nostro cuore e il nostro sguardo perché usciamo dal ripiegamento su noi stessi che non ci fa vedere altro che una realtà finita e limitata, ci fa guardare a piccole e troppo umane speranze che una volta realizzate ci portano alla sfiducia e alla disperazione perché sentiamo di essere proiettati oltre, di aspettare ancora altro: “Si rende evidente che l'uomo ha bisogno di una speranza che vada oltre. Si rende evidente che può bastargli solo qualcosa di infinito, qualcosa che sarà sempre più di ciò che egli possa mai raggiungere” (Benedetto XVI, Spe Salvi,30). E la realizzazione di questa speranza può essere solo dono di Dio: “spe salvi facti sumus” – “nella speranza siamo stati salvati” (Benedetto XVI, Spe Salvi,1). Anche le nostre costituzioni, all’articolo 54, ci dicono che “per il salesiano la morte è illuminata dalla speranza di entrare nella gioia del suo Signore!”. Come salesiani siamo invitati a guardare alla morte nella luce della realtà apostolica della nostra vita. Don Aldo, da buon salesiano, ha vissuto “servendo” Dio nei suoi giovani e nei fratelli, sperando quindi di sentirsi dire: “Servo buono e fedele, entra nella gioia del tuo Signore” (Mt 25,23). È la stessa rassicurazione di Don Bosco, che parla ai suoi confratelli del premio che è loro riservato e indica il Paradiso come il luogo di appuntamento per i suoi figli, la meta a cui tende tutto il lavoro, il momento del riposo. Ai primi missionari egli lascia questo ricordo: “Nelle fatiche e nei patimenti non si dimentichi che abbiamo un gran premio preparato nel cielo” (D.Bosco, Ricordi ai missionari, MB XI, 389).
In questo modo l’articolo 54 si collega con il primo articolo delle nostre Costituzioni, dove si cita quell’altra frase di Don Bosco: “Ho promesso a Dio che fin l’ultimo mio respiro sarebbe stato per i miei poveri giovani”. Il salesiano è apostolo fino alla fine, e muore da apostolo, coerente con l’esortazione del nostro Padre: “Ci riposeremo in Paradiso”. E abbiamo letto nel Vangelo come Gesù esulta di gioia nello Spirito Santo e come rende lode al Padre quando i settantadue ritornano, stanchi ma pieni di gioia, proclamando le meraviglie che il Dio della vita ha compiuto attraverso di loro. Dunque oggi noi, sebbene addolorati per la morte del nostro caro confratello don Aldo, nella certezza della Speranza cristiana, rendiamo lode a Dio perché don Aldo ha vissuto ed è morto da apostolo del Signore secondo il cuore di don Bosco ed è per noi stimolo ed esempio di fedeltà e di speranza.
Di seguito alcune testimonianze di confratelli che gli sono stati vicino per anni e che hanno collaborato attivamente con lui:
Don Alfonso Mereu: con Don Aldo ho condiviso una buona parte della mia vita. Da ragazzi eravamo amici in paese. A 12 anni siamo partiti insieme per l’aspirantato di Gaeta ed abbiamo frequentato insieme il post-noviziato e la teologia. Dopo qualche anno ci siamo ritrovati nella comunità di Selargius, mentre era al massimo della sua attività: CFP, parrocchia ed Oratorio, convitto e casa famiglia. Don Aldo è stato un salesiano vero, era autentico e sportivo. Non aveva difficoltà a diventare amico dei giovani, né a coinvolgere loro nello sport e nei loro impegni di laboratorio. È stato sempre propositivo ed ottimista. Diffondeva volentieri una sana e salesiana allegria. Sapeva conservare il contatto con gli Ex-allievi dei quali è stato, per anni, formatore di Cultura religiosa. Il suo impegno è stato sempre con e per i giovani.
Augusto Cifola: Ho conosciuto don Aldo due anni fa, appena arrivato a Cagliari, e in quel particolare passaggio di consegne tra tirocinanti, chi mi precedeva mi fece capire che era uno di quei confratelli da conoscere attentamente per poterlo apprezzare. Non ci misi molto a cogliere ed apprezzare il suo aspetto scherzoso, burlone e talvolta provocatorio, che sapeva alleggerire le giornate più pesanti e, se imbeccato per bene, strappare una sonora risata a tutti. Ciò che impiegai più tempo a conoscere è stato l'Aldo più intimo, confidente e tenero. In questi ultimi mesi, le chiacchierate durante le visite si coloravano di un'altra luce, e dietro gli occhi sempre lucidi e vispi c'era, insieme alla consapevolezza di chi si sta preparando a partire, anche il desiderio di stare insieme, che a volte si esprimeva semplicemente in una mano trattenuta e non lasciata, a volte nella voglia di fare un altro giro in carrozzella in giardino o di rimanere più a lungo in cappella. La cappella, a ben guardare, è stato uno dei luoghi in cui era facile trovare Aldo quando veniva il dubbio su dove fosse. Spesso, trovandolo lì "fuori orario", sembrava che stesse dormendo, ma poi si scopriva che in realtà era concentrato e preso nel dialogo con il Signore, e con l'Ausiliatrice che sentiva davvero come Madre, come ha dimostrato fino all'ultimo giorno. Con questo spirito direi che ha vissuto questi ultimi mesi di sofferenza: con la serenità di chi sa che ha un Padre a cui affidarsi e una Madre pronta a carezzarti il viso. E questo, per me, ha significato tanto. Grazie.
Antonio Cini: Arrivato a Cagliari, ho notato subito don Aldo per la sua presenza silenziosa, ma originale. Sempre presente alla preghiera, anche se non presiedeva e stava in silenzio, avevo la percezione che fosse davvero una cosa a cui teneva esserci e partecipare nel suo modo. Anche in cortile ci teneva ad esserci: guardava i ragazzi giocare dall'alto, in silenzio, passeggiava in mezzo a loro, e ogni tanto insieme scherzavamo con qualcuno di loro, o anche da solo gli faceva qualche battuta o gesto per salutarlo. Durante le feste e ricorrenze in comunità, si contraddistingueva per la sua voglia di cantare e di scherzare con noi, e questo anche ai normali pasti dove non mancava mai di fare qualche battuta con lui sui confratelli presenti o sulle sue avventure da giovane confratello. Ho avuto modo di conoscerlo meglio, però, proprio nel suo periodo di malattia, chiacchierando nell'assisterlo qualche volta in casa e andandolo a trovare nella residenza dove si curava in questi ultimi anni. Parlava poco, ma mi diceva e consigliava l'essenziale: voler bene ai giovani, stare in mezzo a loro, diventare un bravo salesiano. "Digli che deve fare da bravo" era la raccomandazione tipica per salutare alcuni confratelli quando ritornavo in comunità.
Fabio Serra: Ho vissuto due anni in comunità con don Aldo, quando facevo un esperienza di vita comunitaria prima di entrare in prenoviziato. L'ho conosciuto quando già era anziano e di poche parole, ma nel tempo in cui siamo stati insieme mi ha colpito molto la sua simpatia e lo sguardo furbo.. gli sono bastate poche battute per farmi subito sentire accolto e guardato con affetto. Non lo diceva con la voce, ma dal modo in cui stava con me sono certo di quanto mi voleva bene! E ho toccato con mano il bene che gli volevano i ragazzi della scuola media che incontrava la mattina in cortile durante le ricreazioni, forse incuriositi dalla particolarità di questo uomo col cappello che ogni volta che loro uscivano dalle aule, si faceva trovare lì per salutarli! Sono grato al Signore per avermi fatto fare i miei primi passi in una comunità salesiana anche in compagnia di Aldo!
Michelangelo Dessì: Grazie, Signore, per don Aldo. Grazie, Signore, per il dono di don Aldo alla nostra comunità. In lui ci hai donato l’assoluta certezza che hai una voglia matta di incontrare di ragazzi, lì dove si trovano. Attraverso la sua esperienza ci ricordi che il formarli alla vita e alla fede passa attraverso la dignità del lavoro umano e la formazione al lavoro, con la serietà che questa comporta. Ci ricordi che si può fare un sacco di bene giocando con loro su un campo di calcio. Ma anche tanto male quando il suo agonismo con i tacchetti incontrava gli stinchi dell’avversario, meglio se confratello. In lui ci hai donato di fare i conti con la nostra fragilità, fisica e mentale. Ci hai insegnato che la forza imbattibile a braccio di ferro può trasformarsi nella debolezza di chi ha bisogno di essere sostenuto in tutto. Ma soprattutto hai insegnato a tutta la comunità a prendersi cura del fratello debole, in tutte le sue necessità. In lui ci hai insegnato che la malattia può essere rifiutata e accolta, al tempo stesso. Anche negata: «Tu, direttore, ti sei messo d’accordo con i medici per farmi credere che sto male! In ambulanza ci vai tu!». E poi pienamente accolta, anche con quell’ironia, molto nascosta sotto le risposte burbere, ma riservata ai momenti di intimità fraterna più seria, mentre si faceva pungere più volte al giorno dalle mani maldestre del direttore o del giovane confratello per le iniezioni di eparina: «Adesso urlo, così i confratelli credono che mi stia facendo male!». In realtà devo ancora capire se gli facessi male sul serio… In lui ci hai donato di vederti all’opera nel modellare una vita consacrata, facendola sempre più tua nel tempo, fino a meravigliarci per le ore passate in silenzio in cappella a pregare (e a dormire), per la docilità a volte conquistata con molta fatica, per l’abbandono combattuto, per la consegna graduale nelle mani dei confratelli e dei suoi familiari, che lo hanno accudito fin quando è stato possibile farlo in comunità. In lui ci hai ricordato che ognuno di noi porta con sé ferite, irrigidimenti, contraddizioni, che il Tuo Amore, unito a quello fraterno, può curare, ammorbidire, sciogliere. In lui ci hai insegnato che nelle nostre comunità salesiane l’amore fraterno ha da farsi concretezza, vicinanza, ascolto, condivisione, ha da sporcarsi le mani, ha da piegarsi, ha da essere vissuto.