don Marcello Mighela
Villagrande Strisaili (OG) 16/05/1933 | + Roma 29/12/2023
Annuncio
La comunità salesiana di Roma – Artemide Zatti e la Circoscrizione Salesiana “Sacro Cuore” – Italia Centrale
annunciano che
È ENTRATO NELLA VITA PIENA
MARCELLO MIGHELA salesiano presbitero
73 anni di professione religiosa 63 di ordinazione presbiterale morto il 29 dicembre 2023 a 90 anni d’età
I FUNERALI saranno celebrati sab 30 dicembre – h. 17,00 – Villa Sora
La salma attenderà la resurrezione nel cimitero di Frascati (RM)
Biografia
Omelia
Carissimi, non potrò io ripetere adesso tutto quello che ho letto e sentito in questi giorni su don Marcello, ci sarà modo e tempo per poterlo fare attraverso la pubblicazione della lettera in suo ricordo. Qui ringrazio soltanto per i contributi dei suoi direttori don Marco Aspettati, don Francesco Marcoccio, don Pier Fausto Frisoli, don Angelo Santorsola; e poi mons. Mauro Maria Morfino vescovo di Alghero-Bosa e tutti gli altri confratelli che hanno lasciato un pensiero: don Maurizio Verlezza, don Gabriele Graziano, don Emanuele De Maria, don Marco Deflorio e i confratelli in missione come don Erminio De Santis e l’ispettore del Madagascar don Innocent; e poi Mattia Ciuffreda, CGA di Frascati. Non li citerò puntualmente, mi servirò liberamente delle loro testimonianze. Tutto conserveremo per la pubblicazione che sarà fatta nei prossimi giorni. Del resto, tanti altri non hanno fatto in tempo a scrivere e si faranno vivi in un secondo momento o conserveranno nel loro cuore un ricordo di questo caro confratello.
Marcello nacque a Villagrande Strisàili il 16 maggio 1933 da papà Vincenzo, proprietario terriero e pastore e da mamma Adelina Melis, casalinga, che salì al cielo molto giovane; due fratelli e una sorella; fu battezzato il 24 maggio 1933 giorno della festa di Maria Ausiliatrice; entrò per la prima volta in una casa salesiana il 25 ottobre 1944 a Lanusei dove fece il prenoviziato dal 1947 al 1949; il noviziato fu a Varazze dal 1949 al 1950 ed emise la prima professione il 16 agosto 1950; a Roma San Callisto da 1950 al 1953 per gli studi della filosofia, poi il tirocinio prima a Roma Sacro Cuore dal 1953 al 1954, poi a Gaeta dal 1954 al 1955 e a Genzano dal 1955 al 1956; la professione perpetua fu a Farfa il 28 luglio del 1956; poi si recò per gli studi teologici a Messina e a Castellammare dal 1956 al 1960; divenne presbitero a Pompei il 7 luglio 1960.
Dopo l'ordinazione sacerdotale fu inviato a Cagliari Istituto come insegnante e dal 1960 al 1963 e poi a Santulussurgiu dal 1963 al 1964, poi alla Lanusei dal 1964 al 1967 e di nuovo a Cagliari dal 1967 al 1972; conseguì la laurea in lettere classiche a Cagliari nel 1970 e l'abilitazione in lettere; poi fu di nuovo a Lanusei dal 1972 al 1978 dove fu anche direttore per due anni; poi fu trasferito ad Arborea dal 1978 al 1980 e lì poi fu trasferito a Frascati Villasora dove rimase per 25 anni fino al 2005 per poi essere trasferito a Genzano nel noviziato come confessore; nel 2011 fece ritorno a Frascati dove rimase fino al 2021 quando la salute suggerì il trasferimento a Roma Artemide Zatti.
I suoi formatori lo definiscono di buona pietà e osservanza e di buono spirito ecclesiastico ed apostolico; non manca l'osservazione di uno spirito “alquanto polemico anche se cerca di controllarsi”. In vista dell'ordinazione sacerdotale Marcello si definisce: “fermamente deciso a proseguire per la strada in cui ritengo mi abbia messo il Signore per la sua maggior gloria e per la sicurezza dell'anima mia”.
Il Vangelo di oggi ci mette davanti la figura di Anna, che fa il paio con quella di Simeone incontrata nel Vangelo di ieri. Si tratta di due persone anziane nell'età ma affatto rassegnate e ancora pienamente disponibili alla volontà di Dio. In realtà la figura di Anna è una figura emblematica perché descrive indirettamente la varietà dell'amore: aveva vissuto l'amore della sposa per 7 anni, era diventata vedova molto giovane e di fatto aveva scelto un altro amore, che potremmo definire una sorta di consacrazione al Signore per tutto il resto della sua lunga vita. Come hanno testimoniato i confratelli, davvero don Marcello è stato un esempio per tutti di fedeltà e osservanza. La sua vita testimoniava chiaramente che il primato era solo di Dio. Nel vederlo in cappella bisbigliando le sue preghiere - che col crescere della sordità non erano più neanche così bisbigliate… - che lasciavano trasparire il suo animo di bambino che si affida al buon Padre celeste, durante le visite al Santissimo Sacramento, per niente frettolose e anzi incredibilmente devote; l'amore alla Parola di Dio, che si manifestava nella meticolosità della preparazione dell'omelia domenicale, che sbriciolava in tutta la settimana.
Ma una menzione a parte merita senz'altro l'amore di don Marcello per Maria Ausiliatrice. Il 24 maggio del 1956 dovendo chiedere di essere ammesso alla professione perpetua Marcello così scrive: “non ritengo cosa fortuita l'essere rinato in Cristo nel giorno particolarmente sacro a Maria Santissima Ausiliatrice, mi sembra cosa buona chiedere umilmente proprio in questo giorno di essere definitivamente ammesso tra i figli di Don Bosco onde morire al mondo, che finora non mi ha nemmeno attirato molto, e vivere costantemente vicino a Cristo Gesù…” e qualche anno più tardi preparandosi all'ordinazione sacerdotale: “Affidando tutto alle materne e autorevolissime cure di Maria cui risale la mia vocazione sacerdotale e salesiana ed ogni altro bene oso sperare di giungere al sacerdozio cui ardentemente aspiro per me e per i giovani e per il mondo tutto, con quella preparazione necessaria a sì alto stato”. Non sorprende quindi la testimonianza data da molti confratelli che lo vedevano spesso passeggiare a tutte le ore col Rosario in mano, certi che ne recitasse almeno due o tre al giorno.
La figura di Anna e di Simeone ci mettono davanti quello che Papa Francesco continuamente ricorda ossia la necessità della fecondità anche in età avanzata. Sempre il Papa ricorda spesso il passo del profeta Gioele in cui si descrivono gli anziani che devono continuare a sognare perché i giovani possano continuare ad essere profeti. E nella prima lettura, in piena sintonia, San Giovanni parla ai padri e parla ai figli. Don Marcello è stato davvero una persona che ha speso tutta la sua vita per i giovani. È stato quasi sempre impegnato come apostolo nella scuola, prevalentemente come insegnante (latino, greco, storia dell'arte). Proverbiali le gite scolastiche in cui coinvolgeva i ragazzi dispiegando la sua passione per l’arte (dicono che la sua gita preferita fosse quella a Firenze). Ha sempre vissuto il suo essere insegnante non disgiunto dal suo essere sacerdote, anzi il suo tratto sacerdotale era ben chiaro ed evidente nel suo modo di insegnare. Infatti, la sua attenzione e il suo rigore rispetto ad alcune regole di comportamento e di abbigliamento era proverbiale. I ragazzi lamentavano questa sua presunta rigidità ma alla fine la apprezzavano, tanto che non si trovava un ex allievo che non si ricordasse di don Marcello. Poi la sua disponibilità al sacramento delle Confessione, vissuta come incarico principale nel Noviziato.
Ha continuato a stare in mezzo ai ragazzi anche da anziano, servendo la scuola in segreteria. Ma forse l'ambito in cui più si è continuato a scorgere la sua apertura al futuro è proprio l'attenzione ai più poveri e in particolare alle missioni. Quando agli inizi degli anni ‘80 cominciò il progetto Africa, don Marcello si appassionò sinceramente a questa impresa, pur non potendo partire personalmente come missionario ad gentes. Decise quindi di dedicare sé stesso a sostegno delle missioni e dei missionari specialmente in Madagascar. Sono molto belle le testimonianze che giungono dalla missione in Madagascar in queste ore, riconoscenti per il bene che don Marcello ha fatto in tutti questi anni, in particolare per le missioni di Ijely e di Ivato. Si recava in Madagascar ogni estate. Non bastando l'aver devoluto gli averi derivanti dalla famiglia alla missione in Madagascar, organizzava continuamente raccolte tra la gente della sua Sardegna, tra i ragazzi, i genitori, gli insegnanti; innumerevoli i container inviati in missione e i discorsi preparati con cura con i quali coinvolgere sempre nuovi benefattori.
Infine, proprio le figure di Simeone e di Anna, unite alla contemplazione della presentazione di Gesù al tempio fatta da Maria e Giuseppe, ci mettono davanti un altro aspetto fondamentale e forse oggi un po’ trascurato della vita spirituale e consacrata. Maria e Giuseppe non potevano assolutamente prevedere che cosa sarebbe successo nel tempio e neppure Simeone ed Anna erano stati preavvertiti che quel giorno avrebbero incontrato il Salvatore. Tuttavia, tutte e quattro queste persone erano persone fedeli, Maria e Giuseppe agli obblighi della legge e Simeone ed Anna alla promessa che avevano fatto. Il Signore si manifesta quindi all'interno di una obbedienza.
Questo deve sempre farci riflettere perché la creatività dello Spirito, che sentiamo presente e forse sempre più urgente in questa stagione così faticosa della Chiesa specialmente in Occidente, non può mai agire al di fuori dell'obbedienza al Signore. Solo così possiamo comprendere anche alcuni tratti che possono apparire oggi perfino rigidi di persone come don Marcello, sinceramente preoccupate di dare delle regole perché certe che le regole sono necessarie per lo sviluppo armonico delle persone, ma anche per costruire quella disciplina all'interno della quale il Signore può agire liberamente. Ricorda don Gabriele che “durante l’ultima Assemblea della comunità con lui presente chiedemmo a don Mighela quali passi di futuro vedesse per l’opera e la sua risposta fu: 1. spegnere le luci; 2. chiudere le porte; 3. far bene scuola. Era serio. Insegnava che l’amore passa per le piccole cose, per la fedeltà feriale e puntuale”.
Marcello è stata anche una figura simpatica e umoristica. Le sue battaglie personali sullo spegnimento delle luci, la rigorosa distinzione tra i ragazzi del liceo classico (ovviamente i suoi preferiti) e quelli dello scientifico, le sue epiche battaglie contro l'uso dell'inglese nella lingua italiana o nello sfidare le tecnologie, specialmente quelle informatiche, ne facevano a volte una simpatica macchietta, ma che sapeva ironizzare su sé stesso una volta passati i cosiddetti “cinque minuti”. Non era un carattere facile e certamente il primo a soffrirne era proprio lui, ma ha sempre cercato di migliorarsi. E poi ancora la sua furbizia, che selezionava accuratamente le persone e gli argomenti per decidere se accendere o meno l'apparecchio acustico altrimenti lasciato rigorosamente spento. Nel tempo trascorso nella comunità S. Artemide Zatti, dove il decadimento fisico e poi anche quello mentale era sempre più evidente, don Marcello si lasciava anche andare alla ricerca di tenerezza, che non aveva più paura di manifestare. A questo proposito ancora una volta desidero ringraziare il direttore, i confratelli, le suore e tutto il personale di questa comunità per la loro paziente cura.
Caro don Marcello, ti salutiamo e ti diamo l’arrivederci in Paradiso. Lì dove avrai trovato don Bosco e tanti confratelli a te cari, potrai godere della Luce infinita di Gesù – quella non vorrai spegnerla! – e la compagnia di quella Madre che in terra hai sentito guida per tutta la vita. Da lassù, adesso che non ti serve più l’apparecchio, ascolta le nostre suppliche e continua ad intercedere per noi e per tutti i poveri del mondo.