Il 6 dicembre a Roma, nella sala delle Bandiere della sede del Parlamento Europeo si terrà la conferenza stampa organizzata dalla Rete Umanitaria della società civile, fondata dalla giornalista Maria Grazia Mazzola di cui fanno parte, oltre a Salesiani per il Sociale APS anche il gruppo Abele, l’Unione Donne in Italia, le Chiese cristiane evangeliche Battiste, la cooperativa cooperativa ‘Una Città non basta’, l’associazione “Federico nel cuore”. Durante la conferenza stampa verranno presentate le storie dei 70 profughi messi in salvo nel corso di un anno.
Per la rete di Salesiani per il Sociale APS, che si è fatta carico di 43 rifugiati (11 nuclei familiari), accogliere queste persone ha significato dar loro una casa sicura. Abbiamo inserito bambini e ragazzi nel percorso scolastico e nelle attività degli oratori, comprese quelle estive. Alcuni hanno avuto bisogno di interventi sanitari per patologie pregresse. Abbiamo sostenuto le famiglie nella ricerca di un lavoro per dare loro la stabilità necessaria per guardare al futuro con serenità.
Nelle comunità i molti laici si sono lasciati coinvolgere in questa accoglienza solidale, aiutandoli nella gestione quotidiana della loro vita, sostenendoli nell’imparare la lingua, nell’integrarsi in un nuovo territorio.
Rispondendo all’appello del Rettor Maggiore dei Salesiani che invitava ad accogliere gli afghani dopo la crisi di agosto 2021, la rete di Salesiani per il Sociale ha cercato di ripercorrere i passi di Don Bosco, che accoglieva i ragazzi che non avevano nessuno, offriva loro un luogo sicuro, una scuola dove imparare e un cortile dove crescere da amici: “Qui in Italia abbiamo trovato tante persone gentili che ci vogliono bene, il dentista che ci cura, la parrucchiera che ci taglia i capelli, chi ci accompagna a fare la spesa, chi ci invita a cena. è bello stare con voi, grazie” (Mahdi, accolto a Prato).
“Ci siamo confrontati con una emergenza di profughi che chiedevano una ospitalità che si è rivelata poi la possibilità per loro di salvarsi la vita. Ringrazio le Comunità educative, le associazioni della nostra rete che si sono prodigate nell’inserimento scolastico e sanitario di queste persone – dichiara don Francesco Preite, presidente di Salesiani per il Sociale -. Ora si apre la fase dell’autonomia, nella quale queste persone dovranno essere sostenute anche dalle autorità a ricostruirsi una vita serena, alla quale ciascuno ha diritto. Questa accoglienza ci ricorda quanto fatto da Don Bosco nella Torino dell’800, quando si prendeva cura dei bambini e dei giovani che emigravano nella grande città per riscattare la propria vita. Accogliendo queste famiglie afghane, salvando loro la vita, abbiamo fatto, come ci ricorda Papa Francesco, il nostro dovere cristiano: accogliere, proteggere e integrare i migranti. Nel profugo c’è il volto di Cristo che ci chiama a seguirlo: la loro presenza nelle nostre comunità è stato un segno della presenza di Dio”.
“Testimoniamo un’impresa frutto di una sinergia virtuosa tra istituzioni e società civile. Con la rete di Salesiani per il Sociale, come i servi inutili del Vangelo, riconosciamo che abbiamo fatto quanto dovevamo fare. Ed è stato importante farlo insieme a tante persone e organizzazioni solidali con le vittime della crisi afghana, di cui in Italia dovremmo sentirci in qualche misura corresponsabili. Ora, insieme a queste persone e con il sostegno delle istituzioni, occorre guardare al presente e al futuro, soprattutto per i minori e i giovani coinvolti. Accogliere, proteggere, promuovere, integrare: questo significa anche riconoscere e valorizzare quanto ciascuna di queste persone può apportare al processo di costruzione del futuro del nostro Paese”, dichiara Renato Cursi, Direttore Generale di Salesiani per il Sociale APS.
La rete dei salesiani per il Sociale ha accolto 43 rifugiati (11 nuclei familiari):
· 7 a Torino (casa Salesiana, parrocchia Sacro Cuore)
· 5 a Prato (Associazione “La Lunga Domenica”)
· 5 a Frascati (Casa salesiana Villa Sora)
· 7 a Macerata (Casa salesiana)
· 5 a Soverata (Casa salesiana)
· 9 a Bari (Casa salesiana)
· 9 a Bari (Casa salesiana San Tarcisio)
Mani legate insieme: scudo per la Rete delle Donne afghane dei diritti umani
LE DONNE DELLA RETE FEMMINISTA ‘AFGHANISTAN WOMEN’S POLITICAL PARTECIPATION NETWORK’ IN SALVO IN ITALIA
“Mani legate Insieme” è il motto della Rete che organizza una conferenza stampa dedicata all’accoglienza e ai percorsi di sostegno per le donne sfuggite coi loro bambini all’orrore dei talebani. Un’iniziativa ecumenica di volontariato delle Chiese e delle Associazioni insieme. L’appuntamento è per il 6 dicembre a Roma, alle 10, presso la sede del Parlamento europeo Sala delle bandiere, via IV novembre 149 alla presenza, tra gli altri, del presidente Carlo Corazza. Ed è dalla consapevolezza di essere parte di un progetto e di una identità europei che nasce l’idea della Rete comune. Per l’occasione, si legge nella nota, è prevista anche la partecipazione straordinaria di don Luigi Ciotti che col gruppo Abele in questi giorni ha accolto una famiglia afghana di 7 persone con un bimbo malato di cuore, tutti braccati dai talebani, portati in Italia dai corridoi umanitari di Sant’Egidio. Erano destinate al genocidio e alla vendetta dei talebani, le donne femministe dei diritti umani dell’Afghanistan Women’s Political Partecipation Network di Kabul, ora in salvo in Italia. Sediqa Mushtaq, membro della Camera del Commercio Nazionale delle donne dell’ex Afghanistan; Batool Heidari, psicologa e scrittrice; Nesa Mohammadi dottoressa ostetrica; Razia Ehsani Sadat, giornalista e producer, e ancora altre. Il 30 agosto 2021, dopo l’invasione dei talebani in Afghanistan, mentre le forze occidentali si ritiravano, hanno rivolto con una mail il disperato appello di salvezza all’inviata speciale del TG1 Maria Grazia Mazzola. Sono state messe in salvo silenziosamente nell’arco di un anno, con i loro familiari 70 profughi in tutto 63 Hazara e 7 Tajiki, tanti giovani e 30 bambini dalla Rete fondata dalla giornalista per rispondere concretamente a questo appello disperato.
Fanno parte della Rete Umanitaria: l’Unione Donne in Italia Responsabili Vittoria Tola e Giulia Potenza, le accoglienze che hanno spalancato le porte ai Profughi: i Salesiani per il Sociale di don Francesco Preite, a capo don Roberto Dal Molin, presidente CNOS – Salesiani don Bosco Italia con la partecipazione di 6 Case nel territorio nazionale e una collaborazione col Sai, che hanno accolto il numero più alto di Profughi. Poi le Chiese cristiane evangeliche Battiste, con i Pastori delle Chiese Cristiane Evangeliche Battiste Giuseppe Miglio e Ivano De Gasperis, la Pastora Antonella Scuderi con la FCEI, con l’accoglienza della cooperativa ‘Una Città non basta’ dei Responsabili Maria Rosaria Calderone e Gianni Caucci, e l’Associazione Federico nel cuore, Presidente Antonella Penati. Una testimonianza di quanto possa essere potente il contagio del bene collettivo se ci si unisce e si collabora, senza soldi pubblici e viaggi organizzati. I Profughi hanno pagato i loro biglietti aerei di viaggio, dopo avere sopportato ogni sopruso, pestaggi e umiliazioni di ogni tipo. Le donne afghane e la Rete testimonieranno pubblicamente e risponderanno alle domande dei giornalisti. L’impegno della Rete Umanitaria è stato sostenuto dai ministeri degli Esteri e dell’Interno