In vista della redazione del nuovo Progetto Educativo Pastorale Salesiano Ispettoriale, la Segreteria di Pastorale Giovanile dei Salesiani dell’Italia Centrale ha avuto la bella opportunità di intervistare alcune figure di spicco per poter approfondire, grazie al loro punto di vista così particolare, i bisogni più importanti e urgenti dei giovani del nostro tempo e ascoltare da loro le priorità che affiderebbero ai salesiani per la progettazione educativa e pastorale dei prossimi anni.
Lo abbiamo chiesto all’on. Marina Elvira Calderone, ministro del Lavoro e delle Politiche Sociale, a mons. Giuseppe Baturi, arcivescovo di Cagliari e segretario della Conferenza Episcopale Italiana e al prof. Pierpaolo Triani, docente di Pedagogia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
Abbiamo incontrato, per questa seconda intervista, il segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana, mons. Giuseppe Baturi, arcivescovo di Cagliari, che in apertura ci ha ricordato la recente esperienza di incontro con i giovani vissuta in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù a Lisbona: «il papa ha fatto loro una proposta semplice alta e incarnata in un testimone di 86 anni». E che entusiasmo di risposta! Questo evidenzia che c’è un difetto degli adulti nella quotidianità rispetto ai giovani: il loro silenzio, la loro attenzione durante, ad esempio, i momenti di preghiera e di adorazione chiede a noi di superare i cliché e cambiare il nostro atteggiamento nei loro confronti e ascoltarli davvero!
Quali sono a suo giudizio i bisogni più importanti dei giovani d’oggi?
Questa estate i fatti di cronaca ci hanno restituito l’immagine di giovani protagonisti di episodi di violenza fra coetanei, episodi che interpellano noi adulti. I giovani ci stanno chiedendo: si può aver fiducia nella vita? Il futuro è una trappola o merita l’attesa? Non dobbiamo nasconderci che le giovani generazioni sono caratterizzate da una grande ansia di fronte alle scelte, vivono il dramma dell’abbandono scolastico. E cosa fanno? Nulla! Una vita non impegnata, questo mi stupisce tanto, ma attenti a non considerarli solo un problema. In effetti, la giovinezza è una ricchezza, una primavera, un cominciamento continuo, un desiderio di essere radicali. Occorre chiederci con onestà: siamo capaci di guardarli con stima, siamo capaci accompagnarli, di fare loro una proposta alta?
Quali a suo giudizio le priorità che i salesiani dovrebbero tenere in considerazione in vista della progettazione educativa e pastorale dei prossimi anni?
Ci sono tre cose dei salesiani che mi sembrano preziosissime:
- l’intuizione che l’educazione è un fatto di cuore, di amore.
- ciò che educa è un rapporto, una relazione educativa, in cui è coinvolto un adulto che si fa carico, nella modalità dell’accompagnamento, quasi un corpo a corpo. E voi salesiani potete e dovete insegnarci a capirne l’importanza.
- La capacità di abbracciare il giovane nell’interezza delle sue dimensioni. Un’educazione capace di toccare tutte le vere esperienze di vita: il gioco, il lavoro, lo studio, l’amicizia, gli affetti, come fossero i diversi tasti di un’unica avventura unitaria. È questa unitarietà che altre agenzie educative non sono in grado di dare, Chiesa compresa… voi sì, lo avete nel DNA del vostro carisma.
- Ne aggiungo una quarta: il coinvolgimento dei genitori e delle famiglie.
Quando papa Benedetto XVI scriveva dell’emergenza educativa voleva sottolineare che ad essere in crisi è la società, il mondo degli adulti, quando non riesce a trasmettere ai giovani.
Sapete bene che ai giovani interessa la felicità e la libertà. L’evangelizzatore è uno che fa queste domande, che sa leggere dentro il cuore dei giovani la grande domanda di Dio, che non elargisce ricette preconfezionate, ma offre una compagnia nel viaggio.
Quel parroco che mi dice «qui ci vorrebbe uno capace di stare con i giovani, ma nessuno me l’ha insegnato» significa che non ha esempi. Se voi siete sempre più salesiani aiutate la Chiesa intera.
Gli ambiti prioritari sui quali concentrare la vostra progettazione educativa debbono essere: il tempo libero, la scuola, il doposcuola, l’aiutarli ad essere critici, l’avviamento al lavoro. Attenti a non fare solo pastorale dei pre-adolescenti… insomma dobbiamo pensare che si è ancora giovani quando si mette su famiglia e quando si entra nel mondo del lavoro.
Grazie per quello che siete e per quello che fate!