Published On: 9 Marzo 2023

Dall’agenzia ANS.

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(ANS – Roma) – Dopo l’intenso mese di ottobre, che ha visto il Rettor Maggiore partecipare ad una lunga serie di eventi – dal Congresso delle Opere e Servizi Sociali a Torino, agli eventi per la canonizzazione di Artemide Zatti; dalla cerimonia di conferimento della Laurea Magistrale in Scienze Pedagogiche a Palermo, alle visite in Croazia e nel Nord Est dell’India per i centenari di presenza salesiana – anche il mese di novembre si prospetta ricco di impegni Don Ángel Fernández Artime. A cominciare dalla sua visita in Liguria, nei giorni dal 3 al 5 novembre, per visitare la storica opera di Alassio e celebrare i 150 anni di attività delle opere salesiane di Genova-Sampierdarena e Varazze.

L’opera di Alassio, la prima scuola salesiana eretta fuori dal Piemonte, è guidata dallo scorso anno da un gruppo di laici, con l’accompagnamento e sotto la responsabilità della Circoscrizione Speciale dell’Italia Centrale (ICC); è stato avviato nel 1870 e ha festeggiato i suoi 150 anni di attività nel 2020, e la visita del Rettor Maggiore era infatti stata programmata in quell’anno – salvo essere poi rimandata a motivo della pandemia di Covid-19.

Quella festa verrà però recuperata questo giovedì, 3 novembre, quando, nella tarda mattinata i ragazzi, i docenti e gli educatori del centro salesiano “Santa Maria degli Angeli” accoglieranno Don Á.F. Artime con tutto il loro entusiasmo. Poi l’intera comunità gli mostrerà i vari rami in cui si articola questa presenza salesiana: la scuola media, il liceo scientifico e delle scienze umane – opzione economico sociale, le forme di intrattenimento per il dopo-scuola, il gruppo del Movimento Giovanile Salesiano…

Nel pomeriggio avrà luogo un momento di incontro e confronto tra il Rettor Maggiore, i ragazzi della scuola e la cittadinanza tutta, comprensivo della presenza delle autorità cittadine e del vescovo di Albenga-Imperia, Mons. Guglielmo Borghetti, exallievo dell’Università Pontificia Salesiana di Roma.

La giornata del Rettor Maggiore si chiuderà però a Genova, dove egli arriverà in serata per un incontro con la comunità latino-americana, e alle ore 21:00, un dialogo con i giovani.

Il giorno successivo, di primo mattino, alle 8, è in programma l’incontro con i giovani e i formatori del Centro di Formazione Professionale salesiano di Sampierdarena; e alle ore 10 presiederà la Messa nella chiesa di San Siro, con gli allievi della scuola e le famiglie.

Nel pomeriggio, il Rettor Maggiore avrà modo di visitare la cameretta di Don Bosco, e, alle ore 17, di inaugurare il campo da calcio, alla presenza delle autorità locali, e di assistere ad un successivo torneo dei ragazzi. In serata, alle ore 21, è previsto l’omaggio della città e degli exallievi salesiani presso l’auditorium del Teatro “Carlo Felice”. Al concerto suonerà al pianoforte il prof. Massimiliano Damerini con i brani del cantautore Fabrizio Nitti.

Questi eventi, patrocinati dal comune di Genova, daranno così modo a Don Á.F. Artime per tornare una seconda volta nel capoluogo ligure: vi si era recato infatti già nel 2015, sempre a novembre, per una visita alla città da cui partirono i primi missionari salesiani.

A completare il secondo viaggio di Don Á.F. Artime in terra ligure in questa circostanza c’è però anche la tappa di Varazze. Anche questa presenza, come quella di Genova, festeggia quest’anno i 150 anni di presenza salesiana. Dal 2013 l’oratorio è guidato da un gruppo di laici volontari, subentrati nella gestione in seguito alla chiusura della comunità dei salesiani consacrati, ma il carisma è sempre vivo e molte sono le proposte che la comunità educativa studia per il bene dei giovani della città: l’Estate Ragazzi, il Doposcuola invernale, i gruppi pastorali dei “Savioclub”, i corsi musicali, il cortile sempre aperto e assistito… Insomma, una realtà preziosa e fondamentale per la formazione dei ragazzi del luogo.

Il Rettor Maggiore raggiungerà Varazze alle ore 10 di sabato 5 novembre, venendo accolto presso il molo “Marinai d’Italia”. Seguirà poi, presso il Comune di Varazze, il momento ufficiale del saluto delle autorità cittadine e del vescovo di Savona-Noli, Mons. Calogero Marino.

Nel pomeriggio, dopo lo svelamento di una targa commemorativa della presenza presso l’Istituto salesiano di Varazze di San Giovanni Bosco – per oltre 50 giorni, tra il 1871 e il 1872, in occasione di un grave peggioramento delle sue condizioni di salute –, sono in programma lo spettacolo animato dai ragazzi dell’oratorio “WelcomeBackDonBosco” e un dialogo tra giovani e il Rettor Maggiore. La visita si completerà con la Messa nella chiesa di Sant’Ambrogio, alla presenza delle locali confraternite, e la benedizione della cittadina dal luogo in cui Don Bosco benedì i cittadini di Varazze all’epoca della sua ultima visita lì.

Da Il Resto del Carlino, un articolo che racconta l’esperienza dell’accoglienza nella casa di Macerata dei profughi afghani.

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«Mi piace molto l’Italia, a Macerata sto benissimo. Non voglio che il futuro dei nostri figli sia come il mio. Tutto quello che avevo è stato spazzato via. Distrutto in un attimo. Per loro mi auguro una vita tranquilla e piena di gioia». Dai suoi occhi, sempre sorridenti e pieni di gratitudine, non si direbbe che ha vissuto l’inferno: Mustafa Alizada ha appena 24 anni ma ne ha visti già tanti di orrori. E un pezzo di cuore è rimasto a Kabul, nel suo Afghanistan. Con la presa di potere dei talebani ad agosto 2021 è stato costretto a scappare con la sua famiglia: come tutti quelli di etnia Hazara (sciiti), perseguitati dal regime. La decisione presa in un attimo, l’unica possibile per avere una speranza di farcela: un tweet che ha salvato loro la vita e poi via, in macchina, di notte, tutti coperti per non farsi riconoscere, fino in Pakistan. Qui ha trovato rifugio con la moglie, il figlioletto appena nato a Kabul, l’altro di 4 anni e i suoceri: 21 giorni di attesa, poi l’aereo che li ha portati in Italia e la nuova vita. Mustafa, ingegnere specializzato in costruzioni, è qui dall’anno scorso e ha ottenuto da pochi giorni lo status di rifugiato, così come il resto della famiglia: tra un saluto e l’altro ai suoi amici dei Salesiani in viale don Bosco, dove è stato accolto e vive con moglie, figli e suoceri, trova la forza di raccontare la sua storia.

«Quando i talebani hanno preso il potere sapevamo di essere in pericolo, dovevamo lasciare il Paese il prima possibile. Tramite mia cognata e una giornalista, attiviste con Afghanistan women’s political partecipation network, è stato mandato un tweet a Maria Grazia Mazzola, giornalista Rai, che si è mossa all’istante. Doveva nascere il nostro secondo figlio, quei giorni è stato il caos, mia moglie ha partorito a Kabul e poi siamo scappati in Pakistan, abbiamo viaggiato di notte, le donne avevano scoperti solo gli occhi, avevamo paura. Dopo 21 giorni siamo partiti per l’Italia, grazie a quel tweet». Oa Mustafa sta svolgendo il servizio civile ai Salesiani, si occupa delle attività dei ragazzi: a breve inizierà a lavorare con Sardellini costruzioni. Parte come operaio e poi, chissà, potrà aspirare a una qualifica più alta come quella che aveva nel suo Paese: spera nell’equiparazione dei titoli di studio, ci sta già provando tramite un’università online. Da quando è qui non ha mai smesso di studiare: corsi su corsi di italiano, per cercare di comunicare bene. E c’è riuscito, anche se dal farsì all’italiano non è una passeggiata.

«Ringrazio i Salesiani – dice -, che ci hanno tenuto per mano nei momenti più difficili della nostra vita, per averci dato un posto dove vivere e averci aiutato col lavoro. Per noi sono fratelli, sono amici, sono la nostra famiglia». «Quando sono arrivati l’anno scorso, poco prima di Natale – racconta don Francesco Galante, direttore dei Salesiani -, per noi è stato un segno della Provvidenza. Immaginate di trovarvi di fronte una famiglia con un bimbo di poco più un mese. Questo ci ha fatto dare concretezza all’accoglienza, con tutta la fatica che ne consegue, andare dal medico, in questura, poi le impronte digitali, accompagnarli al supermercato con la carne halal, e così via. In meno di due settimane sono andati a dare le impronte e in un anno hanno avuto il permesso, i profughi a Torino aspettano ancora l’appuntamento per le impronte. Allo stesso tempo – dice don Francesco – per noi è stata una lezione: ci ha insegnato a non soffocare gli ospiti riversando su di loro mille premure. Si vede che non sono migranti economici, loro sono stati strappati dalla loro terra, un giorno vivevano normalmente e il giorno dopo erano in fuga e poi accolti in un Paese con una cultura diversa, costretti a fare i conti con la solidarietà, ad essere ospiti. Ci siamo resi conto che l’accoglienza chiede di mettersi in ascolto di chi arriva». Prima di cominciare il servizio civile, «se Mustafa ci vedeva lavorare e per caso non gli chiedevamo di aiutarci, si offendeva – spiega don Francesco -. Ha tanta voglia di fare, di mettersi a disposizione. Ha fatto amicizia con tutti qui». Oltre che con i volontari, Mustafa e famiglia hanno socializzato con gli studenti universitari che vivono nell’appartamento accanto al loro. Della Rete Umanitaria della società civile, fondata dalla Mazzola, fanno parte, oltre a Salesiani per il Sociale Aps, il gruppo Abele di don Ciotti, l’Unione Donne in Italia, le Chiese cristiane evangeliche battiste, la cooperativa ‘Una Città non basta’, l’associazione «Federico nel cuore». Tramite la Rete sono stati accolti 11 nuclei familiari in Italia.