Carissimi confratelli,
Carissimi membri della Famiglia Salesiana,
Carissimi membri delle CEP locali,
Carissimi giovani,
celebriamo la solennità della Immacolata Concezione di Maria e quest’anno il 182° compleanno dell’Oratorio. Festeggiamo nei cerchi mariani e in tutte le iniziative che nelle nostre Case faremo per ricordare la nostra Mamma e quello che il nostro amato don Bosco ha voluto indicare simbolicamente come l’inizio dell’oratorio e della sua opera.
Conosciamo molto bene il racconto dell’incontro col primo ragazzo e forse la situazione dei giovani della Torino di allora e di molte altre città ha diverse analogie con quella di adesso. Allora, davanti all’ondata di giovani venuti a Torino in cerca di fortuna, i parroci si trovarono di fronte a un fenomeno inedito: i nuovi arrivati in città non andavano spontaneamente in chiesa e non c’erano gli strumenti per provare ad avvicinarli. Qualche altra città era più avanti nel cercare di dare risposte, a Torino aveva cominciato don Cocchi, in quell’8 dicembre 1841 cominciò don Bosco.
Dobbiamo riconoscere che dopo 182 anni anche noi, pur eredi del patrimonio spirituale e educativo di don Bosco, ci troviamo sovente smarriti davanti agli adolescenti e ai giovani, non sappiamo come avvicinarli, come toccare in loro le corde del senso della vita, come parlare loro di Gesù. Don Bosco con Bartolomeo Garelli fece alcune cose per noi paradigmatiche. Bartolomeo era entrato dalla sagrestia anziché dalla entrata principale e non sapeva neppur fare il segno di croce; era evidentemente disorientato e poco addentro alle cose di Chiesa. Don Bosco accolse quel giovane e non si scandalizzò della sua ignoranza e anzitutto lo difese da chi – per non aver capito la situazione – agiva in maniera repressiva (le botte del sagrestano); poi si interessò della sua situazione generale di partenza e successivamente mostrò quale era il suo fine ultimo: condurre a Gesù quel ragazzo che pure partiva da lontano (facendo un catechismo adatto a lui).
Carissime e carissimi, anche noi seguendo l’esempio del nostro fondatore cerchiamo di tenere assieme gli aspetti dell’accoglienza e dell’evangelizzazione, ma dobbiamo riconoscere che nel lodevole tentativo di trovare delle risposte, a volte semplificando un po’ le posizioni rischiamo di dividerci tra chi dice che – specialmente guardando al contesto scristianizzato e multiculturale in cui operiamo – bisogna puntare a risposte del primo tipo (che potremmo definire sociali o solo educative), e chi dice che – proprio in ragione del contesto – dobbiamo solo puntare sul Vangelo. In altre parole, se le statistiche dicono che la pratica religiosa degli adolescenti in Italia si attesta all’8% fa bene chi cerca di difendere almeno quell’8 col rischio di perderlo lo stesso o chi punta al 92 col rischio di non raggiungerlo mai? E in entrambi i casi “per dove” passa questo Vangelo?
Senza dare ricette – che almeno io non ho! – possiamo però riaffermare almeno due elementi.
Il primo è che la via maestra sempre valida, lo strumento potente dell’educazione che don Bosco ci ha dato nell’oratorio non passa di moda. Sull’oratorio come criterio abbiamo la magnifica sintesi dell’art. 40 delle Costituzioni Salesiane che dice che il primo oratorio era “casa che accoglie, parrocchia che evangelizza, scuola che avvia alla vita e cortile per incontrarsi da amici e vivere in allegria”. Quindi non la nostra preoccupazione di diventare insignificanti, ma la convinzione di avere un Tesoro da annunciare ai giovani ci deve muovere, rispettando la gradualità dei percorsi personali, anche se sembrano partire da sempre più lontano. Se non puntiamo lì – anche se arrivarci non dipende solo da noi – a che serve tutto il nostro sforzo? D’altra parte, se non cerchiamo e accogliamo i più poveri e se portati i giovani a Gesù non li apriamo alla scoperta del progetto di Dio su di loro in questo mondo e al servizio dei più poveri che Vangelo annunciamo?
Il secondo elemento è che oggi la scelta educativa e pastorale può essere fatta solo da una comunità. Quindi, proprio perché non ci sono ricette universali, occorre continuare a pregare e riflettere insieme (l’educazione è una cosa che non si presta all’improvvisazione) religiosi, laici, famiglie, giovani e dopo attento discernimento comunitario avviare insieme dei percorsi, delle imprese educative per andare incontro agli adolescenti e ai giovani.
È questione di fede, di coraggio, ma anche di lavoro e preghiera comune; è quel che auspichiamo e che stiamo cercando di fare.
Maria Immacolata Ausiliatrice, la Madre cui Giovannino fu affidato nel sogno dei nove anni, la Madre di quella scintilla da cui partì l’oratorio, la Madre di tanti altri momenti di svolta nella missione di don Bosco, ci guidi ancora a cogliere con coraggio e fantasia gli snodi che dobbiamo prendere per essere fedeli all’intuizione originaria dello Spirito.
Buona festa!
don Stefano Aspettati, sdb
Superiore dei Salesiani dell’Italia Centrale