Dal libro del Siràcide
(Sir 44,1.9-13)

Facciamo ora l’elogio di uomini illustri,
dei padri nostri nelle loro generazioni.

Di altri non sussiste memoria,
svanirono come se non fossero esistiti,
furono come se non fossero mai stati,
e così pure i loro figli dopo di loro.

Questi invece furono uomini di fede,
e le loro opere giuste non sono dimenticate.
Nella loro discendenza dimora
una preziosa eredità: i loro posteri.

La loro discendenza resta fedele alle alleanze
e grazie a loro anche i loro figli.
Per sempre rimarrà la loro discendenza
e la loro gloria non sarà offuscata.

Dal Vangelo secondo Marco
(Mc 11, 11-25)

La mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutte le nazioni. Abbiate fede in Dio![Dopo essere stato acclamato dalla folla, Gesù] entrò a Gerusalemme, nel tempio. E dopo aver guardato ogni cosa attorno, essendo ormai l’ora tarda, uscì con i Dodici verso Betania.
La mattina seguente, mentre uscivano da Betania, ebbe fame. Avendo visto da lontano un albero di fichi che aveva delle foglie, si avvicinò per vedere se per caso vi trovasse qualcosa ma, quando vi giunse vicino, non trovò altro che foglie. Non era infatti la stagione dei fichi. Rivolto all’albero, disse: «Nessuno mai più in eterno mangi i tuoi frutti!». E i suoi discepoli l’udirono.
Giunsero a Gerusalemme. Entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano e quelli che compravano nel tempio; rovesciò i tavoli dei cambiamonete e le sedie dei venditori di colombe e non permetteva che si trasportassero cose attraverso il tempio. E insegnava loro dicendo: «Non sta forse scritto:
“La mia casa sarà chiamata
casa di preghiera per tutte le nazioni”?
Voi invece ne avete fatto un covo di ladri».
Lo udirono i capi dei sacerdoti e gli scribi e cercavano il modo di farlo morire. Avevano infatti paura di lui, perché tutta la folla era stupita del suo insegnamento. Quando venne la sera, uscirono fuori dalla città.
La mattina seguente, passando, videro l’albero di fichi seccato fin dalle radici. Pietro si ricordò e gli disse: «Maestro, guarda: l’albero di fichi che hai maledetto è seccato». Rispose loro Gesù: «Abbiate fede in Dio! In verità io vi dico: se uno dicesse a questo monte: “Lèvati e gèttati nel mare”, senza dubitare in cuor suo, ma credendo che quanto dice avviene, ciò gli avverrà. Per questo vi dico: tutto quello che chiederete nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi accadrà. Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate, perché anche il Padre vostro che è nei cieli perdoni a voi le vostre colpe».

Omelia

Nella prima lettura di oggi il libro del Siracide invita a fare l’elogio degli uomini illustri. Ora, sebbene molti pensino il contrario, lo scopo della nostra vita non è certamente quello di essere ricordati. In realtà il Siracide ci invita a fare l’elogio degli uomini illustri, proprio quelli che l’elogio non avrebbero voluto. Ma allora vengono ricordati perché? Ce lo dice l’autore del libro del Siracide: per la loro fede e le loro opere giuste. E poi si proietta nel futuro e parla della discendenza. “Dai frutti si riconosce l’albero” dice il Vangelo ed è proprio questo forse l’unico ricordo che ci può interessare, perché il ricordo è un frutto. Proprio il frutto che è la discendenza dice quanto l’albero sia stato buono e a sua volta un frutto buono potrà riseminare e ridare altri frutti buoni. Don Pasquale ha certamente seminato tanto e i suoi frutti maturi, i suoi figli spirituali, sono in giro per il mondo e non solo fanno tesoro dei suoi insegnamenti e vivono di conseguenza, ma anche insegnano ai loro discendenti a fare altrettanto. Ne sono prova concreta le testimonianze giunte in queste ore, che citerò purtroppo solo in minima parte riservando il resto per una successiva pubblicazione.

Don Pasquale Santoro nasce a Casagiove in provincia di Caserta il 25 luglio 1926 da papà Giuseppe e mamma Rosaria Carlini. Come ci riferisce don Francesco Pampinella don Pasquale considerò un segno premonitore le circostanze (della sua nascita): “era di domenica alle ore undici quando le campane suonavano per la Messa grande. Dio mi ha voluto sacerdote fin dalla nascita”. Presto la famiglia si trasferisce a Civitavecchia per il lavoro del papà e qui il piccolo Pasquale conosce i salesiani nell’oratorio di quella città da pochi anni aperto per volontà del Vescovo. Alla sua Civitavecchia è rimasto sempre legato. Ascoltiamo cosa scrive lui e cosa scrivono i suoi genitori in quel tempo. Nel 1937 A 11 anni frequentando l’oratorio scrive all’Ispettore il suo desiderio di entrare nell’aspirantato: “Io mi sento già nel cuore di essere un piccolo figlio di don Bosco, quindi mi rivolgo a Lei affinché mi faccia entrare nel collegio degli aspiranti salesiani. Già da piccolo sentivo nel mio cuore la vocazione di divenire un giorno discepolo di Gesù e un giorno suo Ministro. Frequentavo sempre la chiesa del mio paese. Venuto a Civitavecchia conobbi subito i salesiani e mi feci chierichetto per poter servire l’altare. Io continuai la mia missione fuggendo dal peccato, dai cattivi compagni e con tanto orgoglio mi accostavo ogni mattina ai S.S. Sacramenti. Poi venne don Guerra e gli parlai della Vocazione e cominciai a fare la meditazione quotidiana e capii meglio che cosa era l’eternità, l’inferno e il peccato. La mia vocazione si formava di più. Il Buon Gesù vuole che io sia un suo discepolo tra i figli di don Bosco ed io mi sono avviato verso questa decisione calpestando ogni ostacolo e spero con la buona volontà e con l’aiuto del Signore di raggiungerla”. È raro trovare nelle documentazioni una così chiara volontà di un ragazzo di 11 anni che nel cuore portava già il desiderio di essere come don Bosco. È bellissima anche la lettera firmata dai suoi genitori sempre nel 1937, ad indicare che la vocazione nasce in una famiglia con la mediazione materna e paterna: “Noi sottoscritti Giuseppe e Sarina siamo contenti che il nostro figlio Pasqualino si faccia Salesiano e Sacerdote, perché sicuri della sua vocazione che ha incominciato a manifestarla fin da piccoletto. Più ancora dopo che ci siamo trasferiti a Civitavecchia. Egli ha frequentato con nostra soddisfazione come Chierichetto la Chiesa dei Salesiani, dimostrando risolutamente di voler essere anche lui figlio di don Bosco. Noi ci conformiamo a tutto questo che sta scritto nel programma e vorranno i Superiori, meno che per la pensione perché nonostante la nostra buona volontà, non possiamo pagare giacche siamo poveri ed abbiamo altri tre figli da governare”. Il piccolo Pasquale entra nell’aspirantato di Amelia dove compie gli studi ginnasiali per cinque anni. Scrivono di lui i Superiori: “fu di esempio a tutti i compagni. Era occupato nell’Oratorio e si industriò per istillare nei giovani la vocazione salesiana. Studia musica. Riesce bene nello studio. È un po’ delicato di salute”. Nel 1942 entra nel noviziato salesiano di Roma Mandrione al termine del quale nel 1943 emette la sua prima professione religiosa: “Il solo mio fine è quello di salvare la mia anima e quella degli altri, secondo le parole di don Bosco: Salva, Salvando, salvati. A Dio vada tutta la mia riconoscenza. Egli è buono, Egli è immenso nei suoi disegni”. I giudizi della sua formazione sono sempre lusinghieri: “Di buoni affidamenti sotto ogni riguardo”. Dopo le diverse tappe di formazione a Lanuvio ed Amelia per il liceo (43-45). Mi raccontò lui stesso il tempo di guerra: “ho visto i bombardamenti di san Lorenzo nel ’44, noi fummo spostati prima a Lanuvio poi ci fu lo sbarco di Anzio e fummo postati a Castel Gandolfo e anche lì un nuovo bombardamento, quello famoso alla villa pontificia con 500 morti…. raggiunsi in maniera fortunosa Perugia nel 1945 a Penna Ricci e lì cominciò l’avventura…” Eccolo quindi a Perugia per il tirocinio (45-48), a Roma Sacro Cuore per la teologia (48-52) viene ordinato sacerdote. Di qui inizia il suo servizio di sacerdozio educativo che contraddistingue ogni salesiano, maestro in cattedra e amico in cortile secondo la sintesi che ci ha trasmessa il nostro padre don Bosco. È consigliere e insegnante di Latino e Greco a Macerata (52-58), Fossombrone (58-63). A Fossombrone si occupò dei giovani aspiranti salesiani, che – come don Alvaro Forcellini e don Pietro Diletti – lo ricordano con affetto. Perugia (63-65). La vita di collegio tra i giovani in questi anni è molto intensa con 23-25 ore di scuola di Latino e Greco, l’assistenza a studio, al refettorio, nelle camerate, la correzione di 250-300 compiti ogni settimana, l’animazione delle Compagnie, l’oratorio festivo. Dal 1965, a 39 anni d’età, inizia una nuova fase nella vita di don Pasquale: il servizio di direttore in diverse opere per 33 anni prima a Macerata (66-72), poi a Ortona (76-81), a L’Aquila (81-87), a Forlì (87-93), ad Ancona (93-96), infine a Perugia (96-2003). Per nove anni ha anche ricoperto con passione il ruolo di consigliere ispettoriale nell’Ispettoria Adriatica. Per un anno svolge il servizio di economo a Perugia, dopo questi lunghi anni di servizio prima come consigliere ed insegnante, poi come direttore e infine come economo, inizia l’ultima fase della sua vita salesiana e sacerdotale come viceparroco nella parrocchia di Vasto dal 2004 fino al 2023. Scrive all’Ispettore nel 2004: “la mia vita salesiana e sacerdotale, salva la parentesi di Ancona, è stata caratterizzata dalla prevalenza dell’azione. Il contatto con le anime, proprio di un ministero sacerdotale, è stato assai scarso. Per questo vorrei, se fosse possibile, esercitare maggiormente il mio sacerdozio, impegnato in un oratorio o in una parrocchia, in questi pochi anni di grazia che il Signore mi concederà”. E L’Ispettore lo accontenta destinandolo a questa comunità parrocchiale dove si è speso fino alla fine.

Il vangelo di oggi ci ricostruisce alcuni aspetti della figura di Gesù per certi aspetti inusuali. Gesù che rovescia i banchi dei mercanti nel tempio, Gesù che fa seccare un fico perché non porta frutti. Ma anche Gesù che invita alla preghiera robusta e che soprattutto invita sempre al perdono. Gesù era tutto per il Padre e per il Regno. Ogni gesto, da quelli più teneri a quelli apparentemente più duri, sono in funzione di questo. Facendo le debite proporzioni anche don Pasquale è stato così.

Come direttore e organizzatore è stata una persona prudente ma anche decisa, ricorda don Pietro Diletti e Lanfranco Papa a Perugia ricorda “il suo grande impegno per la costruzione della Palestra, la sua dedizione a tenere in piedi la Scuola Media e la Scuola Superiore ed a sviluppare il Centro di Formazione Professionale. Don Pasquale è stato un grande ed instancabile sostenitore ed organizzatore di attività sportive e di campeggi estivi, trascinando con il suo entusiasmo e con il suo esempio tanti giovani collaboratori”.

I confratelli e i suoi ex allievi, come Romano Mari, Remo Gasperini, Fausto Santeusanio, lo ricordano come uomo che aveva saputo fare una sintesi tra la cultura e la fede, senza perdere mai il contatto con la vita quotidiana. Invitava periodicamente i suoi ex allievi in riunioni, molto frequentate, per trascorrere insieme qualche ora per una riflessione spirituale o solo per un momento di convivialità.

È stato un uomo che ha attraversato due epoche storiche della Chiesa e della Congregazione ed ha sempre mantenuto una apertura alla novità, che non gli ha mai fatto paura, anzi. A questo proposito un aneddoto personale: nell’aprile 2020 in piena pandemia fui costretto, per non saltare la visita ispettoriale a Vasto, a farla online. Incontrai perciò tutti i confratelli in colloquio attraverso lo schermo. Visibilmente divertito don Pasquale mi disse: “il Signore mi ha fatto vivere ancora un po’ per vedere questa meraviglia di incontrare l’ispettore con la tecnologia… ma speriamo di vederci presto di persona”.

La cosa che più ritorna nelle testimonianze è l’attenzione alle persone. Ho già parlato degli ex allievi, ma lo dicono tutti. A partire dai familiari, per poi passare ai confratelli. I racconti dei confratelli vastesi don Francesco Galante, don Salvatore Policino, ma anche vastesi acquistati come don Alessio Massimi, non fanno che ricordare la cura, le attenzioni personali, la battuta pronta, il ricordo puntuale di tutte le ricorrenze. Anche a me una perla di saggezza e di dolcezza: “Un consiglio ispettore: anche se ha tante preoccupazioni stia sereno”

Ricordano don Gigi Giovannoni e don Massimiliano Civinini che, come sacerdote e confessore, ha saputo amministrare il perdono di Dio a piene mani, in maniera abbondante, fedele. Sempre in Chiesa a disposizione per i penitenti, anche quando le circostanze e la sua salute avrebbero suggerito altro, in maniera scrupolosa perfino testarda.

In questi anni anche io ho potuto annotare qualche sua espressione: “Tutta grazia di Dio la mia vita ma io sono un santo mancato perché non ho corrisposto a tutta la grazia che ho ricevuto… Sono arrivato a 97 anni chi avrebbe mai detto una cosa del genere? devo dire che posso solo ringraziare per tutto quello che ho fatto in questa vita… e sono anche molto contento di questa comunità dove veramente è un paradiso (e io ne ho viste tante)”. Proprio alla comunità Salesiana, a don Alvaro Forcellini direttore, a tutti i confratelli e a tutta la comunità educativa pastorale di Vasto che lo hanno amorevolmente accompagnato in questi anni e in particolare in questi giorni va il mio grazie.

“Don Santoro in questi suoi ultimi anni di vita ha voluto fare l’esperienza altissima di Dante nel penetrare il mistero della vita e dell’aldilà – annota don Cesare Orfini – Uno dei suoi ultimi opuscoli su Dante è intitolato Con Dante in un itinerario di fede trinitaria. La sua morte alla vigilia della Festa della Trinità è forse il divino sigillo sulla limpidezza della sua fede e della sua disponibilità a fare la Volontà di Dio, un premio dell’Altissimo, punto di arrivo di un itinerario personale verso il Mistero”. E don Mario Marchioli ricorda che don Pasquale aveva una devozione speciale, “in più”, alla Madonna. Una donazione a Lei rinnovata e rafforzata in particolare dopo la morte della sua mamma, sulla quale ritornava con commozione. Proprio quella Madonna che adesso lo ha accolto.

Concludo con l’espressione con cui don Pasquale si esprime nel suo testamento: “Riconsegno a Dio la mia anima. Lui l’ha creata, redenta, annoverata tra i suoi figli. L’ha insignita del sacerdozio di Cristo, nella Congregazione Salesiana. Di tutto questo rendo grazie, pensando anche alla immensa ricchezza di doni ricevuti in questi lunghi anni di vita terrena. […] In te, Domine, speravi. Non confundar in aeternum! Pregate per me.”